sabato 26 dicembre 2009

psychochristmas

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MAURO EVANGELISTI
Quante probabilità c’erano che un uomo e una donna, entrambi psicolabili e
senza alcun collegamento fra di loro, prendessero di mira, nel giro di
pochi giorni, due fra le persone più potenti del mondo, il presidente del
Consiglio italiano e il Santo Padre? Quante probabilità c’erano che, nel
giro di pochi giorni, l’Italia andasse fuori servizio a causa di
temperature anche sotto i meno dieci e dopo poco si sentisse già a
primavera con dei repentini più diciotto, facendo cantare vittoria un
giorno a chi super superficiale ha gongolato ”vedete?, nun ce sta il
riscaldamento globale”, quello dopo ai loro avversari che, accaldati,
replicavano ”ma scusate, ve sembra normale sto forno a Natale?”. Salutiamo
uno dei periodi natalizi fra i più stravaganti negli ultimi tempi, epilogo
di un anno bello originale, fra docce gelide del premier e trans-gressioni
di un presidente di regione. L’impressione è che le sorprese non siano
finite, se non fosse che ormai abbiamo davvero visto tutto e non ci scuote
più nulla. Parola ai botti di Capodanno.

giovedì 17 dicembre 2009

cosa resterà di questi anni zero

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MAURO EVANGELISTI
Sembra ieri. Ci facevamo largo nella calca di via del Corso e piazza del
Popolo, salutavamo il 2000. In un botto nuovo anno, nuovo decennio, nuovo
secolo e nuovo millennio. Sogni, amori e paure forse differenti. Sembra
ieri e fra due settimane sarà già finito un decennio che su una cosa non è
stato avaro: sorprese e cambiamenti. Abbiamo visto in questi dieci anni
accadimenti imprevedibili: tre aerei che si schiantano sulle Torri
Gemelle e sul Pentagono; un presidente nero per gli Stati Uniti; la moglie
di un presidente del Consiglio che annuncia il divorzio con una lettera a
un giornale; la Fiat che si compra la Chrysler; la Juventus in serie B (e
se vogliamo allargare lo sguardo al basket tre italiani nell’Nba); è
divenuto normale, anzi ormai persino fuori moda, portare i jeans ben sotto
le mutande che non scandalizzano nessuno quando spuntano fuori. Quali
eventi e quali innovazioni ci hanno più segnato in questi anni Zero?
Qualche idea nel frullatore, chi vuole aggiunga le sue.
TERRORISMO. Si deve ripartire a quella data divenuta una formula, ”dopo
l’11 settembre” ci siamo abituati a dire. Ricordate quel giorno del 2001?
Pensammo che dopo quell’attacco a New York il terrorismo avrebbe travolto
tutto. Ci sono state altre tragedie - Londra, Madrid -, due guerre - Iraq
e Afghanistan. Siamo ancora qui.
FACEBOOK, GOOGLE E DINTORNI. Ecco, sembra quasi impossibile pensare che
dieci anni fa, anzi tre-quattro anni fa, Facebook, un sistema di
comunicazione che è entrato tanto impetuosamente nelle nostre vite,
proprio non esisteva. Così come non c’era l’abitudine a restare tanto
tempo on line come facciamo oggi, con Internet che si muove nelle nostre
tasche e ci vengono i giramenti di testa se non c’è il segnale Umts o il
wi-fi. Pensate, nel ’99 i telefonini avevano una dozzina di tasti. Oggi
chiudiamo il decennio drogati di touch screen o del suo opposto, le
tastiere qwerty. Non ci crederete, ma dieci anni fa Google faceva i primi
passi, oggi è un ”attrezzo” di uso comune come l’autoradio o l’ombrello.
BERLUSCONI. Piaccia o non piaccia, anche se è esploso in politica negli
anni Novanta, ha lasciato il suo segno profondo in Italia nel decennio che
ci sta salutando. E’ stato praticamente sempre lui il presidente del
Consiglio (dal 2001 al 2006 e dal 2008 in poi). L’Italia che stiamo
vivendo è un suo prodotto, eppure si presenta come l’uomo del cambiamento.
LOW COST. Sarà a causa della crisi di fine decennio, sarà perché è
divenuto uno slogan vincente, ma questa formula è dilagata negli anni
Zero, dalle grandi catene di abbigliamento (i brand italiani hanno dovuto
fare spazio a marche spagnole e svedesi, e anche questo un tempo sarebbe
stato impensabile) ai voli. Ecco, solo dieci anni fa Ryanair e dintorni
erano un fenomeno di nicchia, l’aeroporto low cost di Roma, Ciampino,
aveva appena un sesto dei quasi 5.000.000 di passeggeri di oggi. Per i
ragazzetti cresciuti negli anni Zero andare a Londra con poche decine di
euro è diventato semplice quanto lo era per i loro padri trascorrere la
domenica a Ostia o a Cervia, a seconda del mare di riferimento.
CINA. Ha messo il marchio (autentico) sul decennio, ha cambiato le nostre
vite da lontano, ma anche da vicino, con i laboratori nelle nostre
periferie. Ha modificato gli equilibri delle nostre economie, ha fatto
comprendere al mondo la sua forza con le Olimpiadi. Ne sentiremo ancora
parlare.
VIAGRA. Mai come in questo decennio acrobazie a letto di ogni genere,
infedeltà in amore e precariato dei matrimoni hanno reso tutti più
realisti e disincantati. Il mondo è sempre andato così, per carità, ma
negli anni Zero è finita pure l’illusione. Niente è per sempre. Altro che
diamanti, Viagra.

giovedì 26 novembre 2009

la morte non è uguale per tutti

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MAURO EVANGELISTI
Brenda, Brendona, i filmati con il videofonino, i file nel computer, le bottiglie di whisky, i ricatti, i misteri. Brenda, Brendona, le battute, i doppi sensi, le topaie dove vivono i trans, Marrazzo in abbazia, la rabbia dei cittadini del quartiere che non ne possono più della casbah. Brenda, Brendona, la cocaina, le telecamere, decine di microfoni per China quasi fosse un capo di Stato, Natalì ospite di Porta a Porta quasi fosse Tremonti, i titoli sull’affare che s’ingrossa. Brenda, Brendona, la lista dei politici che vanno a trans, migliaia di euro che viaggiano come noccioline, ma allora che ci abitano a fare in quelle topaie, ma che ci trovano in quei camionisti vestiti da donna, il centro sinistra sotto un trans, qui è il solito trans trans, e via con le battute. Brenda, Brendona, un nuovo mistero italiano, ci saranno libri e i programmi di Lucarelli un giorno. Ma una cosa ci ha insegnato davvero Brenda: dimenticate la livella, non è vero che davanti alla morte alla fine siamo tutti uguali. Cè un essere umano, giovane, che è morto, una vita che non cè più, ma non riusciamo a provare pietà, dolore, a commuoverci, scagliamo la prima e la seconda pietra, perché in fondo Maddalena era una prostituta, mica un viados arrivato dal Brasile, molti si scandalizzano e a volte sono gli stessi che poi vanno con il macchinone a via dei Due Ponti. E’ come se questi trans, nuove maschere di questa storia, fossero solo essere umani a metà, una categoria differente per i quali non ci può essere neppure un secondo di silenzio. Brenda, Brendona, non riusciamo a immaginarci, non lo vogliamo neppure, che un tempo era un bambino, aveva una madre che lo teneva in braccio, che magari in una favela di Rio aveva dei sogni, dei sentimenti, dolori, gioie, come tutti gli esseri umani. No, resta un’altra maschera di questa storia che cade, Brenda, Brendona, i misteri, le perizie, il giallo, i doppi sensi. Un mezzo essere umano è morto.

venerdì 20 novembre 2009

sky wars

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di Mauro Evangelisti
Ci sono quelli di Canale 5 che se provi a vedere Beautiful sul satellite ti mettono un cartello e ti spiegano che devi rivolgerti al digitale terrestre; ci sono quelli di Sky che quando la Rai ti fa un dispetto e non manda la Formula Uno sul satellite loro per ripicca fanno vedere a tutti, anche a chi non paga, la stessa Formula Uno sui canali sportivi; ci sono quelli della Rai che hanno spostato tutti i canali che un tempo viaggiavano sul satellite, tipo Raisat Extra, sul digitale terrestre, ma quelli di Sky hanno risposto tenendo in ostaggio sul satellite il gioiello più prezioso e cult, il Letterman Show; sempre quelli di Sky, dispettosi, si sono inventati una chiavetta grazie alla quale con il decoder del satellite puoi vedere anche i canali del digitale terrestre senza il decoder del digitale terrestre, così non hai la tentazione di comprarti qualche pacchetto di Mediaset sul digitale terrestre; e infatti Mediaset ha fatto ricorso contro la diabolica chiavetta; ci sono quelli di Sky che se chiami il servizio clienti perché magari vorresti spendere un po’ meno, ora sono diventati un po’ meno supponenti, ti consentono di liberarti dei canali ”bambini” o ”musica” e ti ripetono che comunque la qualità del satellite Sky...beh, è un’altra cosa rispetto al digitale terrestre; intanto, però, dal primo dicembre anche Sky si appresta a lanciare un canale sul digitale terrestre, che si chiamerà Cielo (vale a dire traduzione in italiano di Sky, ma guarda); intanto sul digitale terrestre si sono decuplicati i canali locali, dai nomi a volte molto fantasiosi, tanto che sembra di essere tornati ai tempi pionieristici delle prime tv libere (ah, il vecchio etere); infine, c’è il telespettatore che è un po’ ubriaco, fra decine di offerte di decoder, decine di offerte di pacchetti, ci si mettono pure le compagnie telefoniche che ti vorrebbero portare la tv sul cavo dell’Adsl; una moltiplicazione di decoder e telecomandi che in confronto la Nasa sembra la stanza dei bambini; i più anziani che si arrabbiano e urlano: «Ma cosa cavolo devo fare per vedere Gerry Scotty?». Signori, la nuova guerra della tv è in corso, ne vedremo - forse - delle belle.

sabato 31 ottobre 2009

una strana storia

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di Mauro Evangelisti
Se il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito o, in questo caso,
forse altro. C'è uno scandalo di natura sessuale che causa la più rapida e
dolorosa caduta nella storia di un uomo politico; nei palazzoni delle traverse lungo la Cassia, a Roma, va in scena un inedito reality per capire quali sono gli altri famosi entrati nelle isole proibite (ma proibite da chi?). Eppure, mentre ci trastulliamo in ragionamenti che riguardano le preferenze sessuali altrui, voltiamo rapidamente la pagina più nera della brutta storia di via Gradoli.

I ricattatori non erano quattro balordi di periferia, quattro camorristi in trasferta, quattro romeni che clonano i bancomat. No, erano quattro carabinieri: secondo le accuse, avevano organizzato una centrale del ricatto e delle violenza, una piccola rete di spionaggio sulle vite e il sesso degli altri. Potenti e meno potenti. Quattro carabinieri, naturalmente, non sono l'Arma, in cui per fortuna migliaia di uomini e donne fanno il loro dovere, anche rischiando la vita per pochi soldi e molti ideali.

Quattro carabinieri corrotti, versione sgangherata e pericolosa dei personaggi della Los Angeles nera e violenta anni Cinquanta di Ellroy, non sono un male diffuso. Ma sono il sintomo di una malattia di cui bisognerà preoccuparsi, quando avremo terminato di guardare dal buco della serrature degli appartamenti di via Gradoli o via Due Ponti.

domenica 25 ottobre 2009

twit twit twit

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di Mauro Evangelisti
E ora ci tocca cinguettare con Twitter. Noi siamo quelli che hanno guardato la tv senza il telecomando (intanto i canali per lo zapping erano pochini e comunque non sapevamo cosa fosse lo zapping); il telefono con la ruota che girava (per comporre un numero con molti nove dovevi prendere un giorno di ferie e se ci avessero detto che un giorno, digitando un tasto, avremmo potuto richiamare l’ultimo numero avremo chiesto: ”ottimo, ma che cosa significa digitare un tasto?”); i primi fax che nelle redazioni inondavano le stanze di carta a causa di migliaia di maniaci del comunicato stampa (poi per fortuna hanno inventato la mail, ma ormai c’eravamo già giocati una fetta di foresta Amazzonica); i Commodore 64 o gli Spectrum che si avvicinavano a qualcosa di simile a un computer (nessun film di fantascienza ci disse che davanti ai discendenti di quelle scatolette ci avremmo trascorso la nostra vita); i rullini delle macchine fotografiche, da 12, 24 o 36, e quando li portavi a sviluppare erano sempre ingenue aspettative che si sgonfiavano negli occhi rossi e nel ditone sul bordo della foto (oggi i ditoni li usiamo per allargare e stringere la foto a piacimento sul touch screen e come bambini non ci sembra vero).

In vent’anni siamo stati fulminati da una stringa infinita di innovazioni, sigle, funzioni, operazioni, modifiche, procedure, avventure: alcune sempre in voga, altre cresciute e morte senza che facessimo in tempo a imparare davvero a usarle: Betamax, Vhs, Video 2000, audiocassette, videocassette, floppy disk, copiaeincolla, Wap, Gprs, Umts, dual band, triband, quadri band, sms, mms, Windows, Netscape, Altavista, Bluetooth, touchscreen, Messenger, Skype, Gps, mp3, mp4, mpeg-2, emoticon, toc-toc su messenger, webcam, videochiamata, Youtube, spegnieriaccendi che alla fine risolve sempre tutto.

Abbiamo dovuto imparare e dimenticare perché molte innovazioni sono scomparse prematuramente (alzi la mano chi si comprò un teledrin in Italia); altre - come è naturale - si sono sviluppate e migliorate. E noi sempre lì a inseguire. Oggi - è stato scritto la settimana scorsa - ci dicono che anche la mail rischia, è vicina alla pensione, farà la fine del fax, è vecchiotta; ci fanno sapere che Facebook ha già qualche ruga, e che ora bisogna concentrarsi su Twitter. Vabbè, mentre proviamo a fare partire il decoder del digitale terrestre, a cambiare un formato video di un film per caricarlo sull’iPod, a scaricare una geniale applicazione sul cellulare che ci aiuterà a ritrovare il punto dove abbiamo parcheggiato l’auto... bene mentre faremo tutto questo, impareremo anche a usare Twitter. Così sapremo cosa pensa di Roma la regina Rania.

giovedì 1 ottobre 2009

quasi quasi mi faccio un canone

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di Mauro Evangelisti

E’ il giorno di “Anno zero”, ospite Patriza D’Addario, la donna che divide il Paese. Così come fa dal resto Michele Santoro. Intanto, il quotidiano della famiglia Berlusconi lancia una campagna per non pagare il canone della Rai, l’unico serio competitore delle tv della famiglia Berlusconi; dopo che la maggioranza di Berlusconi ha deciso la maggioranza delle nomine dei vertici dei tg e della Rai; in singolare sintonia con il più duro oppositore di Berlusconi, Antonio Di Pietro, che il 15 settembre contestando il tg1 e Porta a Porta aveva spiegato: «Invito a disdire il canone».

Qualcosa non torna. Resta una domanda: come reagirebbe il centro sinistra se la Rai trasmettesse un “Annozero” di destra, con un Santoro, un Travaglio e un Vauro di destra? Forse con analoghe virulenza e agitazione. Vero è che quando hanno provato a inventarsi un “anti Santoro” più a destra, su Raidue, i risultati dell’auditel sono stati sconsolanti. E non c’era neppure Garko su Canale 5.

giovedì 24 settembre 2009

dorian gray jpeg

MAURO EVANGELISTI
C’è Mike Bongiorno in tv: stanno andando in onda gli spot di una compagnia
telefonica che lo vedono protagonista. Non è cinismo, è la scelta dei
familiari perché in fondo stiamo parlando di un uomo che ha contribuito a
modellare televisione e televendite in Italia. La vita dopo la morte a
volte è uno spot, fra l’altro delizioso. La scomparsa di Bongiorno ci ha
rammentato una sorta di mutazione avvenuta, per il genere umano, negli
ultimi cento anni. Nasciamo e viviamo accompagnati dalle immagini che
scandiscono inesorabili il passare del tempo. Cresciamo e invecchiamo
insieme a personaggi - della tv, della sport, della politica - che
vediamo giovani, meno giovani, di mezza età, anziani: invecchiano di
giorno in giorno davanti a noi, con noi. L’essere umano di cent’anni fa si
accorgeva del tempo che passava guardandosi allo specchio od osservando i
volti di chi gli stava intorno, familiari, amici. Un mondo molto più
limitato. Poi sono arrivate le fotografie, il cinema, la televisione. E il
calendario l’abbiamo trasferito nei volti di Sandra Mondaini o Bill
Clinton, nei capelli diventati più bianchi di Roberto Baggio o in Fiorello
che si avvia a diventare uno splendido cinquantenne. Era già successo con
la morte di Alberto Sordi, si è manifestato di nuovo con la scomparsa di
Bongiorno: tanta emozione non è causata solo dall’affetto e
dall’ammirazione che si possono provare per un personaggio popolare. E’
innescata anche da altro: con la morte di Bongiorno abbiamo visto un altro
foglietto del calendario delle nostre vite staccarsi. I più giovani,
infine, sono inseguiti fin dalla culla da un altro fenomeno: l’immagine
digitale sta documentando, molto più di un tempo, la loro crescita. Un
bambino e poi un adolescente vengono fotografati o ripresi ormai ogni
giorno, ogni ora; vengono fermanti e documentati con scrupolo i loro
cambiamenti. Oggi le immagini sono uno, cento, mille scatti; uno, cento,
mille Dorian Gray che conservi sul cellulare, sulla chiavetta, sulla
memoria del pc, su Flickr o similari. Tutti sogniamo un Photoshop,
migliore della chirurgia estetica o di qualche crema antinvecchiamento,
che ci ritocchi nella vita reale. Non l’hanno ancora inventato.

domenica 13 settembre 2009

formigoni copione

il 5 marzo è uscito questo:
giovedì 5 marzo 2009
il gran premio di città del vaticano

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di Mauro Evangelisti
Speriamo che si ricordino di disattivare gli autovelox all’Eur. Ieri il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha dato il grande annuncio: «Credo che il gran premio di Formula Uno si farà». Certo, ci sarà da aspettare, perché l’appuntamento con Williams, Ferrari e Toro Rosso è fissato per il 2012 quando, sempre stando alle promesse del Campidoglio, sarà pronto un circuito cittadino (all’Eur appunto). Le auto in gara raggiungeranno punte massime di 270 chilometri all’ora. Non male. Poco di meno di quanto fanno certe Clio sul Lungotevere.

Dopo avere messo agli atti una buona dose di perplessità di fronte a questo progetto, va anche detto che l’operazione Formula Uno ha già fatto scaldare i motori dell’eterna sfida lombarda contro Roma Ladrona. Ladrona anche di gran premi, secondo un parlamentare della Lega, che ha organizzato una furiosa raccolta di firme. Se nel calendario della Formula Uno, insieme a Singapore, Shanghai, Instanbul, Montecarlo entrerà pure Roma, allora Monza rischierà grosso perché la casella dell’Italia sarà occupata da una città un filo più ingombrante.

Imola, in fondo, è rimasta a lungo nel calendario con la denominazione che sapeva tanto di scorciatoia di “Gran Premio di San Marino”. Ma Roma che fa? Il “Gran Premio di Città del Vaticano”? Difficile. Per questo in Lombardia sono molto preoccupati. Ma in fondo potrebbero preparare un piano B per Monza: il “Gran Premio della Padania”.
Pubblicato da mauro e a 6.31

oggi 13 settembre il presidente della regione lombardia roberto formigoni ha detto:
F1: MONZA; FORMIGONI, A ROMA FACCIANO IL
GP DEL VATICANO (V. 'F1: MONZA; FORMIGONI, GP RESTA QUI...' DELLE
14.19)
(ANSA) - MONZA - 13 SET - «A Roma, se la Santa Sede sarà
d'accordo, gli organizzatori potranno proporre di disputare il Gran Premio
della Città del Vaticano». Roberto Formigoni, governatore della Lombardia,
scherza sull'ipotesi di trasferire la Formula Uno sulle rive del Tevere.
«In linea di principio - dice Formigoni - non ho niente in contrario che a
Roma si organizzi un Gp che non sia in alternativa a quello di Monza, che in
ogni caso non si tocca.
Prima dovranno trovare i soldi. Poi, siccome penso che una seconda gara
italiana non verrà concessa, potranno chiedere al Vaticano il permesso di
disputarla sotto la sua bandiera».

giovedì 10 settembre 2009

tutto e subito

MAURO EVANGELISTI
Che personaggio, Steve Jobs. Quando presenta un nuovo prodotto - un lettore musicale o il primo iPhone - riesce a creare l’evento, lo show, la magìa. Ieri, dopo un anno di assenza, è salito di nuovo sul palco. Vestito sempre uguale, come i personaggi dei fumetti. Ed è andato oltre nello show, ha parlato con coraggio della sua malattia. Ha ringraziato la famiglia del ragazzo di 25 anni morto in un incidente stradale, donatore di quel fegato che gli hanno trapiantato e che gli ha salvato la vita. Business, spettacolo, la necessità di rassicurare gli investitori. Proprio l’ennesimo restyling degli iPod illustrato ieri traccia un altro solco che divide il mondo in due: c’è chi vuole tutto concentrato in un unico apparecchio; c’è chi invece vuole tanti apparecchi diversi, specializzati in funzioni diverse (e dunque con migliori prestazioni). Sia chiaro: gli iPod (e i lettori mp3 concorrenti) possono essere affascinanti. Ma a stringere, con un qualsiasi telefonino da 300 euro puoi avere un capiente lettore musicale di buona qualità. In più hai la macchina fotografica, la videocamera, la consolle con i giochi, l’archivio dei file, le mail, internet, il wi-fi e altro ancora. Ecco, c’è un partito che sceglie questa filosofia, un unico oggetto, un’unica tasca occupata, per fare tutto ovunque. Altri frammentano, occupano più tasche: lettore mp3, macchina fotografica, consolle portatile, Blackberry. Alla Apple - ma non solo alla Apple, ovviamente - hanno capito però che c’è un parte dei consumatori che vuole usare una tasca sola. Hanno raffinato sempre di più l’iPhone, ovvio. E proprio ieri, hanno compiuto un altro piccolo passo in questa direzione, presentando i nuovi iPod Nano con la fotocamera. Tutto dipende dalle tasche: quante ne volete occupare e quanti soldi ci sono da spendere. Di questi tempi pochini. Anche se alla Apple assicurano di avere venduto in tutto il mondo 30 milioni di iPhone: qualcuno deve averli comprati.

martedì 25 agosto 2009

alemanno e le manette

MAURO EVANGELISTI
Forse è il caso di spendere parole di elogio per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Ai garantisti può suscitare perplessità la sua linea improntata alla severità, quella che lo porta con frequenza a chiedere l’arresto per reati, di tipo differente, commessi a Roma: dal pirata della strada al giovane accusato di violenza sessuale. A volte, stando al codice di procedura penale, le sue richieste alla procura della Repubblica possono apparire una forzatura. Però bisogna dargli atto di una qualità: la coerenza. Nella notte fra venerdì e sabato sono stati aggrediti, ferocemente, due uomini che si stavano baciando nei pressi del Gay Village, all’Eur. Uno è stato accoltellato ed è in prognosi riservata all’ospedale Sant’Eugenio. Due gay che si baciano, vittime di una aggressione, possono - con una semplificazione infelice - apparire un caso lontano dalla sensibilità dell’elettorato di Alemanno e dalla sua storia politica. Ma è appunto una semplificazione. Alemanno ha chiesto, indignato, l’arresto del responsabile, scendendo in polemica aperta con il procuratore di Roma. Che magari, stando ai codici, ha ragione, perché quando l’aggressore è stato identificato non c’era la flagranza. Però ad Alemanno va dato il merito di una qualità non così comune, la coerenza.

venerdì 21 agosto 2009

bolt che flash

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di Mauro Evangelisti
ROMA (21 agosto) - Senza fiato, illuminati dai 19 secondi e 19 della passeggiata veloce di Bolt, che ti dà sempre quella maledetta sensazione che si stia divertendo da matti. E che se solo volesse, pure nei 200 potrebbe andare anche un po’ più forte, ma qualcuno gli ha sfanalato per avvertirlo dell’autovelox.

Senza fiato, e quasi brucia il cervello se pensi a dove potranno arrivare Bolt e i tanti Bolt che verranno dopo di lui. Record dopo record. 19’ e 19 sui duecento, 9’ 58 sui cento... ma quando si raggiungerà un limite? Esiste un limite? Ma a parte queste riflessioni sulla macchina umana e sul verde felice di Bolt, ieri sera, a chiusura della sesta giornata, memorabile, di Berlino e dei campionati mondiali di atletica leggera, c’era anche altro che faceva sorridere e rimescolava certezze.

Il medagliere: la minuscola e rasta Giamaica davanti a tutti, perfino agli ingombranti vicini di casa, gli Usa, o alle potenze europee, Russia e Germania. E’ un medagliere che cambierà, certo, e in fondo riflette solide tradizioni in alcune specialità. Però è bello vedere che a seguire, nel medagliere, c’è il cuore dell’Africa, il Kenia, davanti alla Gran Bretagna. Che svettano Etiopia e Cuba prima di giganti come Cina e Spagna. Aspettando una medaglia azzurra.

giovedì 20 agosto 2009

il sole nel carrello

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di Mauro Evangelisti
Agosto inoltrato, qualche giorno dopo il 15, caldo infernale, un mega
centro commerciale oltre il raccordo di Roma, ma potrebbe essere anche
un'altra grande città italiana. I parcheggi sotterranei sono una interminabile sfilza di lucette rosse, significa che molti posti sono occupati. Sui tapis roulant decine di persone appoggiate ai carrelli, famiglie che hanno fatto il pieno di pizze surgelate e 5 fantasmini a 8 euro, fidanzati che si tengono la mano e forse intravedono nei carrelli delle famiglie il loro futuro, gruppetti di under 16 che scherzano, anziani che si godono l'aria condizionata. Nel grande magazzino dell'hi-tech la folla intasa i corridoi, ipnotizzata dal super schermo piatto in vendita che trasmette un concerto di Michael Jackson.

Nell'ipermercato c'è l'assalto agli alimentari, manco il mondo finisse domani, e le casse, con le ferie delle cassiere calibrate sulle abitudini agostane, sono insufficienti come i caselli dell'autostrada durante il rientro. Tanto che in molti sfidano la tecnologia mettendosi in fila per le casse automatiche, quelle in cui sei solo tu contro il lettore ottico e il codice a barre. Ai bar del centro commerciale, fra gelati e caffè freddi dalle specialità fantasiose (caffè ai fichi, si legge su qualche pannello) che fanno il verso agli Starbucks, si gonfiano le code, perché anche lì i dipendenti sono quelli di una normale settimana di agosto e invece quasi quasi sembra la corsa agli ultimi acquisti del 24 dicembre.

Dice una barista: «E' dal 17 agosto che ci stanno "ammazzando", tanta gente così chi se l'aspettava? Boh. Fuori fa caldo, no? Sarà per l'aria condizionata». Certo, l'aria condizionata aiuta. Ma c'è anche altro in questo rito agostano dei centri commerciali, dove si va magari senza comprare nulla, quando invece il manuale del perfetto cittadino dice che dovresti essere in spiaggia o al lago o almeno steso sull'amaca in giardino. La citazione di Marc Augè e dei non luoghi è ormai logora, la si ripete sempre. Ma è così: come gli aeroporti o gli autogrill, il centro commerciale ci rassicura perché è anonimo, prevedibile, uguale ovunque - a Roma come a Berlino - e non ci riserva sorprese. Il problema semmai è un altro: ormai stanno diventando non luoghi anche i quartieri della città, perfino le bellezze del centro storico. Perfino Fontana di Trevi, circondata da una piccola chinatown di negozi di souvenir tutti uguali, gelaterie con insegne dai colori accesi tutte uguali, turisti ammaestrati dalle guide tutti uguali. Se non luogo deve essere, allora meglio con l'aria condizionata.

mercoledì 19 agosto 2009

notturno sky

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di Mauro Evangelisti
Nelle sere di estate che scorrono via calde e bolse chi non ha meglio da fare spesso si affida allo zapping compulsivo sui canali a tre cifre di Sky. E ognuno si costruisce la sua mania: dagli "Sos Tata" italiani e stranieri, in cui vedi i diversi modi di essere pestiferi dei pargoli a seconda della nazionalità, agli scambi di mogli sempre molto improbabili, anche in questo caso con versioni più accettabili - quelle italiane - e più fantasiose, quella americana, in cui manca solo che una coppia dell'Illinois si mescoli con una di marziani.

Vanno molto i reality di quelli che ti cambiano la vita. Nel senso di giro vita. Con eserciti - autoctoni o stranieri - di insoddisfatti del proprio aspetto che si affidano a personal trainer e lookologi che da brutti anatroccoli grassi li trasformano in brutti anatroccoli meno grassi e vestiti un po' meno da tedeschi in vacanza a Lido di Savio.

L'universo di infinite galassie satellitari può accontentare qualsiasi palato: dalla telenovela in spagnolo per chi vuole ripassare in vista di qualche conquista programmata nel viaggio last minute già prenotato per settembre alle avvincenti partite di beach tennis.

Ma i veri eventi per il cercatore di perle di questa estate in the sky sono forse tre: il primo è già stato celebrato da molti commentatori, è il nuovo canale Fox Retro, che farebbe impazzire di gioia il Fabio Fazio di "Anima mia", in cui si replicano i telefilm più famosi di venti-trenta anni fa. Da "Arnold", che in Italia arrivò con il geniale titolo di "Harlem contro Manhattan" e che nelle prime puntate ancora non fa balenare la triste fine che avrebbero fatto i protagonisti nella vita reale (l'interprete di Willys avrà problemi di droga, quella di Kimberly morirà suicida, mentre Gary Coleman-Arnold si scontrerà in tribunale con i genitori per una lunga lite sui compensi). Fino ad arrivare ai Jefferson, telefilm su una famiglia di neri ricchi, nella cui prima puntata (1975) la governante esclama profeticamente: «Di questo passo avremo anche un presidente nero...».

La seconda perla, che magari non molti hanno visto, è la replica del reality "La più bella della classe". Anche qui si gioca sulla nostalgia. Si racconta la storia di una ragazza che, negli anni Ottanta e Novanta, era la più ammirata della classe, con le vecchie foto, le canzoni che andavano di moda, i vecchi compagni che oggi la ricordano. E poi si mostra la quarantenne di oggi, spesso con esiti simpatici - la bona della classe ha cambiato vita ed è
campionessa mondiale di pugilato femminile -, a volte crudeli - la vivace ragazza di un tempo ha avuto un incidente ed oggi è su una sedia a rotelle. Ma sono sufficienti le melodie in sottofondo dei Duran Duran o dei Pet Shop Boys e l'intervista al primo fidanzato (nella foto di classe era un figo, oggi è un quarantenne con pancia e riporto) e allo spasimante respinto (nella polaroid a 18 anni sembrava Woody Allen, oggi è un quarantenne rampante e palestrato appena sceso dalla sua Slk), per riflettere su come cambia rapidamente la fortuna nel corso dell'esistenza.

Infine - per chi davvero non ha di meglio da fare - c'è la replica di una delle ultime serie di "American Idol", talent show di enorme successo che riproduce la solita formula dei giovani cantanti che si sfidano per il successo. E c'è la solita giuria di tre personaggi che deve giudicare. E qui viene la domanda: ma quante cavolo di giurie fra Amici, X Factor, Operacion Triunfo, America's Got Talent, American Idol, Australian Idol, etc etc, quasi sempre con la stessa formuletta - il giudice buono, quello caustico, quello simpatico - ci sono in giro per il mondo? Ma soprattutto: le riincontreremo tutte nell'al di là? Alla fine dei tempi saranno la Paula Abdul di American Idol, la Ventura di X-Factor e la professoressa Celentano di Amici a decidere se ci tocca il purgatorio o il paradiso?

venerdì 14 agosto 2009

papi papi

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di Mauro Evangelisti
Il Papa e Papi a Palazzo dei Papi. In questa estate nata sotto il segno di Papi ti domandi se a scrivere i testi degli eventi siano gli autori del Bagaglino o di un Cinepanettone. La notizia è stata rilanciata ieri dall’Ansa: il 6 settembre potrebbe svolgersi a Viterbo il primo incontro fra Benedetto XVI e Silvio Berlusconi, proprio sulla scalinata di Palazzo dei Papi. L’idea è del sindaco di Viterbo che, sempre secondo l’Ansa, sfidando ogni possibile ironia starebbe ripetendo ai rappresentanti della Segreteria di Stato Vaticana: «Quale luogo migliore per l’incontro fra il Papa e Berlusconi della Città dei Papi?».

Sarebbe la giusta conclusione dell’Estate di Papi: a Palazzo dei Papi, nella Città dei Papi, il Papa e Papi. Chissà di cosa parleranno, forse Berlusconi suggerirà un nuovo direttore per l’Avvenire o magari rifletteranno sui valori della famiglia. Forse no, forse Berlusconi, uomo di indiscussa ironia, ispirato dal Palazzo dei Papi, nell'Estate di Papi, confezionerà al momento una indimenticabile barzelletta

giovedì 6 agosto 2009

l'estate sta finendo, no, sta ricominciando

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Mauro Evangelisti
L’estate è finita, l’avete capito no? Fra nemmeno dieci giorni è Ferragosto, dopo è tutta discesa. In un vrooom, una settimana dopo sarà già campionato di calcio. Ancora qualche giorno e a Viterbo, la Città dei Papi (nessun doppio senso), il 3 settembre ci sarà il Trasporto della Macchina di Santa Rosa, tradizione che nella Tuscia segna ufficialmente la fine dell’inerzia estiva. E poi in un lampo ci saranno già le feste di chiusura delle discoteche a Ibiza e i pianti per l’apertura delle scuole in Italia.

Per la serie candidato all’Oscar della banalità: va detto, è quasi disarmante quanto il tempo sfrecci veloce. Molto più di quanto succedese in passato. No? Altro esempio: fra poco staremo a parlare dei mondiali di calcio del 2010 in Sud Africa quando era appena l’altro ieri che cantavamo il ritornello degli White Stripes per la vittoria dell’Italia in Germania.

Una volta non era così: fra un mondiale di calcio e un altro passava una vita; l’inizio delle scuole in autunno e le vacanze estive erano divisi da paludosi mesi che procedevano solenni e appesantiti; da quando andavamo a comprare il diario - Sturmtruppen o Jacovitti - per il nuovo anno scolastico fino al giorno in cui indossavamo le prime magliette a maniche corte si consumavano intere epopee. In sintesi: la durata media della vita si è allungata (per fortuna).

Però, per un misterioso sortilegio, la vita corre più forte e impazzita. Ci abbiamo guadagnato? A proposito: cominciamo ad organizzarci per Capodanno.

sabato 1 agosto 2009

valigia, aeroporti e attese

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MAURO EVANGELISTI
C’è chi si piazza diffidente proprio all’inizio del nastro, capta i rumori
dall’altra parte sperando di udire il ”tumf” della prima valigia
scaricata. C’è chi preferisce prenderla con distacco, sedersi sul
carrello, chiacchierare al cellulare con la mamma, intanto la valigia
prima o poi passerà sul nastro, dove scappa? C’è chi punta il nastro con
lo sguardo che sembra un mirino, passando ai raggi x ogni bagaglio per non
perdere la sfilata sul nastro della tanto attesa valigia, per poi - non si
sa perché - non riuscire ad afferrarla proprio quando appare; la insegue
spiritato travolgendo due o tre passeggeri. Comunque sia, l’attesa dei
bagagli al termine di un volo è una delle poche fasi di introspezione del
viaggio, quella che ti fa pensare al senso della tua vita, con le valigie
che passano, tutte diverse una dall’altra, con le loro storie - lo zaino
dei ragazzi che fanno l’Erasmus, il trolley grande come un Suv della bella
signora che non sa scegliere, il borsone strapieno di regali
dell’immigrato che è tornato a casa. Bene, l’altro giorno all’aeroporto di
Fiumicino, come per la verità succede troppo di frequente, qualche
centinaio di sfortunati viaggiatori ha avuto tutto il tempo per riflettere
sul senso della vita al nastro della restituzione dei bagagli, visto che
le valigie sono state riconsegnate dopo due ore. E 120 minuti, in un
sotterraneo di un aeroporto magari dopo dieci ore su un aereo sono una
ingiustificata condanna al martirio. E allora quasi ringrazi l’avidità
delle low cost, quelle che ti fanno pagare la valigia imbarcata, e ti
convincono ad adattarti e a viaggiare solo con il bagaglio a mano. Quando
vedi gli altri passeggeri accingersi a una lunga attesa al nastro, mentre
tu puoi avviarti all’uscita con il tuo piccolo trolley da 50x40x20 che
pesa meno di 10 chili, beh in quel momento non pensi che non hai la
schiuma da barba o la crema antirughe, no: prima provi una sottile
eccitazione, poi ti sembra che la tua vita - sia pure per pochi e fragili
attimi - abbia davvero un senso.

sabato 25 luglio 2009

chiedimi se sono fenicie

nuovo film di silvio

giovedì 23 luglio 2009

fuori onda

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di Mauro Evangelisti
«Sior Berlusconi, ma cosa mi combina...». Ecco, chissà se finirà così, con un Tapiro consegnato dal bravo Staffelli. Le registrazioni che girano su
internet da un po' di giorni suonano come la beffa delle beffe per l'editore televisivo Berlusconi che proprio sulla formula delle conversazioni rubate, delle telecamere nascoste, dei fuori onda ha fatto la fortuna (e i fatturati pubblicitari) di alcune delle trasmissioni più belle e più di successo delle sue tv.

Istruzioni per l'uso, prima di proseguire: questo non è un "Titoli di coda" pro o contro Berlusconi, si plachino subito le due tifoserie. Altra premessa: i dialoghi fra Patrizia D'Addario e Silvio Berlusconi che girano su internet non sono intercettazioni, ma registrazioni fatte di nascosto dalla intraprendente ragazza che forse sognava un futuro alle Iene.

Sbagliato registrare (e diffondere) conversazioni private? Certo. Però è anche il naturale sviluppo di un genere nato con le decine di fuori onda tranquillamente trasmesse in tv all'insaputa dei protagonisti da Striscia o dalle Iene. Con le telecamere nascoste per smascherare, anche con grandi meriti, il mago casareccio o il truffatore maldestro. Con la celebre conversazione telefonica registrata alla per altro indifendibile figlia di Wanna Marchi che minacciava una cliente, trasmessa decine di volte da Striscia.

Morale: il re delle tv che hanno alimentato il genere delle telecamere e dei microfoni nascosti, delle conversazioni rubate, dei fuori onda, è stato ripagato con la stessa moneta. A questo punto, consegnamogli il Tapiro e finiamola lì, perché questa storia fatta di lettoni, docce, tartarughine in regalo, a dire il vero, sta un po' annoiando.

lunedì 20 luglio 2009

negare, negare sempre, negare anche l'evidenza

come diceva mordens, negare, negare sempre, negare anche l'evidenza.

dopo che mezza Italia ha ascoltato su internet la telefonata fra il premier e la patrizia:

"Ghedini: Registrazioni inverosimili".

sabato 18 luglio 2009

minchia signor tenente

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di Mauro Evangelisti
Cosa pensiamo quando vediamo una divisa? All'agente Spaccarotella, a quel colpo di pistola folle che ha rubato la vita di Gabriele Sandri, a una sentenza di condanna che in molti considerano insufficiente? Pensiamo al dolore dei genitori di Sandri, che hanno espresso con forza sdegno e rabbia, ma hanno anche invitato alla calma, per non aggiungere follia ad altra follia. Pensiamo alla morte di Federico Aldrovandi, 18 anni, pestato da quattro poliziotti che il tribunale ha condannato a tre anni e sei mesi, dopo una fiera battaglia, anche su Internet, della madre?

Sì, forse pensiamo anche a questi episodi, quando vediamo una divisa, ma pochi episodi oscuri non devono farci perdere di vista il quadro d'insieme. La maggioranza di coloro che indossano una divisa prova a rispettare le regole, anche quando sono farraginose e favoriscono più i ladri delle guardie. Anche quando si rischia la vita per un salario che non vale il giro d'affari di una notte dello spacciatore che provi ad arrestare.

Quando vediamo una divisa, dovremmo pensare, ad esempio, al tenente colonnello Valerio Gildoni, che ha guidato a lungo la compagnia di Montesacro a Roma. Venerdì 17 era il suo terzo giorno a Vicenza, dove era stato chiamato a guidare il nucleo investigativo. Era arrivata una richiesta d'aiuto per un signore anziano che non apriva la porta ai familiari. Gildoni era un ufficiale, poteva mandare avanti qualcun altro, e invece è andato lui a suonare alla porta. L'anziano aveva un fucile da caccia, gli ha sparato in testa. Gildoni ha fatto, con coraggio, il suo dovere. Pensiamo anche a lui quando vediamo a una divisa. Soprattutto a lui e a quelli come lui.

venerdì 17 luglio 2009

benedetto 16, venerdì 17

mr. been-edetto XVI. E' caduto e si è rotto un polso. Uno dei quattro gatti doveva essere nero. molti dei siti on line italiani - al contrario di tutti quelli stranieri - mettevano prima la notizia del polso fratturato del papa, poi con molto meno rilievo quella degli attentati terroristici a jakarta con nove morti. i siti italiani.

giovedì 16 luglio 2009

volere volare a basso costo

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MAURO EVANGELISTI
La crisi nell’alto dei cieli lascia a terra quattro milioni di
viaggiatori: nei primi cinque mesi del 2009 sono passati dagli aeroporti
italiani oltre l’8 per cento in meno dei passeggeri rispetto allo stesso
periodo del 2009. Significa, appunto, quattro milioni a casa (dati da
www.assaeroporti.it). Intanto, alcuni grandi tour operator sono in
difficoltà e i pacchetti last minute di questa estate vengono svenduti,
costano sempre meno, tanto che quasi conviene starsene una settimana in un
albergone all inclusive sul Mar Rosso che restare in città, fare la spesa
in un supermercato e mangiare a casa tutti i giorni con l’aria
condizionata a palla che consuma energia elettrica. Crisi dell’alto dei
cieli significa che anche le grandi compagnie aeree, le più illustri,
hanno il fiatone. Ovvio: crisi globale, cosa si taglia nei bilanci
familiari e aziendali? I viaggi. A tutt’oggi non si sa quale sarà il
futuro dei cieli, quale modello sarà vincente, al di là delle sparate
buone solo per il marketing del colosso delle low cost (che non citeremo,
proprio per non cadere nel loro giochetto di spararle sempre più grosse
per avere pubblicità gratis) che fantastica su toilette a pagamento e
posti in piedi sui Boeing. Eppure, per i viaggiatori inaffondabili, per
coloro che rinunciano a tutto ma non a una fuga periodica di una settimana
o di un mese, la crisi dei cieli ha anche un risvolto molto positivo.
Crisi significa aerei più vuoti con la goduria di stendersi magari nei
quattro sedili centrali tutti vuoti del volo intercontinentale. E stare
quasi più comodi di quelli della business. Crisi significa che le
compagnie aeree sono costrette a fare i supersaldi: l’altro giorno una
compagnia italiana si vendeva il Roma-Bangkok andata e ritorno a 200 euro,
quasi meno che prendere su e andare a Pinarella di Cervia (che pure è
bellissima); con altre compagnie di quelle a cinque stelle a settembre te
ne vai a Hong Kong con 300 euro, in Australia con 600. La crisi sta
provocando effetti molto strani: i prezzi delle low cost sono un po’ meno
low, bassi, perché beneficiano del pregiudizio di chi pensa che comunque
con la compagnia a basso costo si risparmia, a prescindere; e le grandi
compagnie, invece, sono costrette a far atterrare i prezzi.

giovedì 9 luglio 2009

karaoki

fra i commenti arrivati a ilmessaggero.it sul pezzo sotto (quello dedicato a salvini) questo è senza dubbio il più bello:

tanto per chiarire
"E' del tutto ininfluente,immagino, che Salvini abbia dato le dimissioni da parlamentare italiano solo perchè ha optato per la carica di parlamentare europeo.L'importante è che che il Sign.Evangelisti possa scrivere qualcosa nel suo articolo dando sfogo al suo personale risentimento,dettato da non si sa cosa.Mai stato evidentemente ad un raduno politico o allo stadio.Lui sta solo davanti alla tastiera del computer e al massimo fischietta o fa il karaoki a qualche festa della prima comunione"
lucia

stilnovo

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di Mauro Evangelisti
ROMA (9 luglio) - Secondo puntata della serie ”ma io il telefonino lo uso solo per telefonare...”. Matteo Salvini, parlamentare della Lega proprio da una ripresa fatta con un telefonino è stato tradito: si è lasciato andare a un coro da stadio contro i napoletani, razzista e sguaiato, e ha avuto anche la lungimiranza di farlo mentre lo stavano filmando con un telefonino. Le riprese, poco memorabili, sono finite sul solito Youtube, e Salvini ha dovuto abbozzare delle scuse molto zoppicanti, nonchè dimettersi dal Parlamento italiano. In realtà il rapporto di causa ed effetto è tutto da dimostrare, visto che i cori di Salvini sono tanto apprezzati dai suoi elettori da essere stato eletto anche alle europee: ha semplicemente optato fra Parlamento italiano e Parlamento europeo. Un altro padre fondatore nordista, Mario Borghezio, ha dettato la linea difesiva: «Aveva bevuto troppa birra, non deve chiedere scusa».

Ah, ecco. D’altra parte in Italia una certa ritrosia al senso della misura paga: Vladimir Luxuria ha chiesto l’intervento di Gianfranco Fini perché il nuovo sindaco di Guidonia ha nominato assessori due esponenti del Pdl che, nel corso della campagna elettorale del 2006, lo accolsero tirandogli dei finocchi. Un garbato doppio senso che, a quanto pare, in Italia è garanzia di buona amministrazione

venerdì 3 luglio 2009

no tengo dinero

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Mauro Evangelisti
Non riesce ad essere un’estate spensierata. Sarà perché ci portiamo dietro una scia di dolore cominciata con il terremoto in Abruzzo. Siamo rimasti scioccati per la nuova, dolorosa, tragedia di Viareggio. Arriviamo all’appuntamento con luglio ansimando, inseguiti da una crisi economica che sentiamo mordere e magari un po’ si autoalimenta a causa del pessimismo generalizzato, con le aziende che ci spiegano quanto sono belli e necessari tagli e sacrifici, che il modello da seguire è quello della British Airways dove hanno chiesto ai dipendenti di tagliarsi lo stipendio. Sorridiamo amaro, ma non ci divertiamo più, per i nuovi episodi della soap opera estiva che vede protagonista l’uomo più potente d’Italia: con i continui colpi di scena, le interviste ai tabloid inglesi o le immagini rubate con il telefonino, va a incoronare Neri Parenti come l’unico regista che ha saputo davvero descrivere questa Italia. Anzi, le sceneggiature dei suoi film di Natale, le acrobazie di De Sica e il resto del gruppo, sono perfino troppo seriose se confrontate con la realtà. Non riesce ad essere un’estate spensierata e non sarà un caso che in fondo anche i tormentoni di quest’anno non sono leggeri, ma quasi melanconici, come la ragazza degli Zero Assoluto che si sposa con un altro. Ci servirebbe un altro “Aserejé”, una “Macarena”, un “Vamos a la Playa”. Ma al massimo possiamo rispolverare, restando ai Righeira di qualche decennio fa, “No tengo dinero”.

giovedì 25 giugno 2009

videochiamami

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di Mauro Evangelisti
«Ma io il telefonino lo uso solo per telefonare...». Ecco, chi un po' snob
ripete questa frasetta, dovrebbe riflettere su quanto sta succedendo a
Teheran. Andare su Twitter e rileggersi le centinaia di messaggi che contengono il nome di Neda, la ragazza di sedici anni uccisa durante le proteste in Iran, icona terribile di questa rivolta. Dovrebbe aprire la pagina di Facebook del leader dell'opposizione che rivendica la vittoria, Mousavi. Ha detto ai giovani che sfidano la repressione e protestano scattando foto con i telefonini, riprendendo con telecamere digitali, inviando messaggi quando è possibile al mondo: «Today you are the media», voi oggi siete i media, avete il dovere di comunicare al mondo quanto sta succedendo. Mousavi ha anche scritto: «...forze armate contro telefoni cellulari, clave contro le lacrime, bugie contro le telecamere, televisione di stato contro Twitter, proiettili contro Facebook...».

Non è certo la prima rivolta, la prima protesta, non sono i primi giovani che sfidano il potere le cui armi sono soprattutto la comunicazione, la possibilità di fermare immagini con telefonini o telecamere poco costose, la relativa semplicità, malgrado la censura, di mettere in rete questo materiale. Ma in modo così sistematico ci sono pochi precedenti.

Questa marea di informazioni e immagini rilanciata sul web ha un punto debole, può essere contaminata, avvelenata perché se è incontrollata è allo stesso tempo libera ma anche a rischio di inattendibilità. Non solo: i telefonini con fotocamera sono in mano a chi si ribella, ma allo stesso modo la tecnologia può essere utilizzata dal potere, dal regime.

Su internet viaggia una petizione che chiede di boicottare la grande casa produttrice di cellulari che ha fornito il sistema allo stato iraniano per controllare e interrompere le comunicazioni via telefonino e mail. E' tutto molto complicato. Ma non dite che il telefonino lo usate solo per telefonare.

giovedì 18 giugno 2009

romanzo kriminal

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di Mauro Evangelisti
Un tempo se la presero anche con Aquila della Notte e Diabolik. Rovinano
la nostra gioventù, dicevano. Poi venne il tempo dei pugni di Bud Spencer
e Terence Hill che incitavano alla violenza. E perfino delle crociate contro i cartoni animati giapponesi (orrore, sono fatti con il computer, dicevano i benpensanti naïf di allora, a ripensarci oggi fanno tenerezza). E ancora Dylan Dog. O Trainspotting trasmesso in televisione, vale a dire il bellissimo film del regista che qualche anno dopo avrebbe diretto Slumdog Millionaire.

In ogni decennio si è trovato un diavolo da additare come possibile fonte di perdizione dei giovani. A quanto pare nessun mafioso ha scelto Cosa nostra dopo avere letto Diabolik, nessun ventenne è entrato nelle Brigate Rosse perché da bambino aveva sfogliato Tex contro Mefisto e sembra improbabile che i fiumi di cocaina che scorrono nei salotti buoni italiani siano stati ispirati da Trainspotting trasmesso in tv.

Eppure, anche oggi si continua la caccia: Gianni Alemanno, sindaco di Roma, dunque uno dei quattro o cinque politici più importanti d’Italia, ha sentenziato che l’aumento della violenza giovanile ha connessioni con il successo della fiction di Romanzo criminale. Ci crede talmente tanto in questa influenza nefasta della serie tratta dal libro di De Cataldo a sua volta ispirato alla Banda della Magliana, che ha incaricato un istituto di ricerca, nel corso di un sondaggio, di chiederlo ai romani. E - ma che sorpresa - la maggioranza dei romani ha detto sì, sono d’accordo, ora che mi ci fai pensare mi accorgo che c’è una connessione fra il successo della fiction di Romanzo criminale e l’aumento degli episodi di violenza giovanile. Peccato che quella fiction non possa essere nei fatti un fenomeno di massa.

E’ stata trasmessa da Sky (e non da Mediaset) e, per quanto diffusa, la tv a pagamento in un consistente numero di case di italiani e romani non è ancora entrata. Molte famiglie non se la possono permettere. E allora, tutta questa esplosione di violenza giovanile? Sicuramente qualche adolescente deve avere trovato nelle cantine le vecchie collezioni di Satanik del padre.

sabato 13 giugno 2009

papi gheddafi

cosa avrebbero detto quelli del centrodestra a prodi se avesse riservato a fidel castro un decimo degli onori che ha avuto gheddafi? Altro che i valori della democrazia e della libertà tutte balle contano solo soldi e geopolitica

kill bill - ultimo atto

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di Mauro Evangelisti
Non ancora è chiaro se è Hollywood che copia la realtá o la realtá che
copia Hollywood. La trama è perfetta: un anziano ed affermato attore
americano di film d'azione viene trovato morto nella stanza di un hotel della caotica capitale di un paese asiatico, dove la leggenda vuole fioriscano peccati e lati oscuri. La polizia locale, che a torto o a ragione non è famosa per essere incorruttibile, non ha dubbi: la causa della morte è un pericoloso gioco di autoerotismo a base di corde e nodi nei punti sbagliati. O semplicemente e stato un suicidio.

Ma ecco i colpi di scena: i familiari dell'anziano e affermato attore americano morto ritengono che sia stato ammazzato da una setta segreta di kung fu sulla quale stava indagando. Non solo: c'è anche un esorcista locale che ritiene che a uccidere l'attore sia stato nientemeno che il fantasma di Bruce Lee.

Intanto, l'Fbi vorrebbe indagare, ma le autoritá del paese asiatico con orgoglio rifiutano la collaborazione. Fin qui la realtá, la morte di David Carradine in Thailandia. Carradine oltre a essere stato l'interprete del telefilm Kung Fu che a colpi di repliche negli anni Novanta riempiva i palinsesti delle tv private era il Bill di Kill Bill.

Proprio Quentin Tarantino sarebbe perfetto per proseguire la storia e ricavarci un film, con l'immancabile agente dell'Fbi - un Matt Demon o un Nicolas Cage - che arriva a Bangkok per indagare, un poliziotto thailandese che malvolentieri collabora, misteri, sparatorie, inseguimenti, colpi di scena. Ma il grosso della sceneggiatura questa volta l'ha scritto davvero la realtá.

sivergognite dance

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di Mauro Evangelisti
ROMA (4 giugno) - C’è un virus che si aggira per l’Italia. Si chiama sivergognite. Che cos’è? Sempre più spesso, in un dibattito pubblico, in un confronto televisivo, in un battibecco, in una litigata alle Poste si termina la frase con un solenne «si vergogni». Poco contano gli argomenti, il ragionamento, il tentativo di convincere l’avversario che sta sbagliando, che lui ha torto e io ho ragione. No, si butta là un «si vergogni» e così si ritiene di avere sparato il fuoco d’artificio, ottenuto l’effetto, la ola del pubblico, l’applauso. Un caso memorabile è il poderoso «si vergogni» pronunciato dal ministro Bondi a Ballarò due settimane fa, ma esempi altrettanto rotondi potrebbero essere trovati anche nel centro sinistra. Eppure, quel «si vergogni» sembra tanto il sussulto dei bambini che si arrabbiano, che invece di ragionare tagliano corto con «cattivo!» e tanto basta. Ma loro sono bambini.

giovedì 28 maggio 2009

giovedì 21 maggio 2009

noi ragazzi di oggi

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MAURO EVANGELISTI
Il video dell’ultimo successo di Eros Ramazzotti, “Parla con me”, mostra
la vita quotidiana di una grande città. In presa diretta s’inquadrano i
suoi abitanti che non parlano fra di loro, ma comunicano con messaggi
inviati con i cellulari o con i laptop. Ciò che scrivono, nel video,
banalità o rivelazioni importanti, viene mostrato in sovrimpressione, così
inseguiamo i loro pensieri rinchiusi in un breve messaggio. Un po’ come
succedeva trent’anni prima nel capolavoro di Wenders, Il cielo sopra
Berlino, in cui gli angeli ascoltavano i pensieri e le sofferenze delle
persone. Certo, quello di Ramazzotti è solo un video musicale, per quanto
ben riuscito. Però racconta la mutazione quasi genetica che sta avvenendo
in ognuno di noi: sempre più isolati in apparenza, sempre più al centro
della piazza nella realtà. Se siamo in treno o in attesa in un aeroporto,
su un bus o alle Poste spesso evitiamo di parlare con gli sconosciuti che
sono vicino a noi, non socializziamo così spesso come si sarebbe fatto un
tempo. Ci rifugiamo sul terminale-protesi, che sia un cellulare, uno
smartphone, un computer di piccole dimensioni. Ci isoliamo per continuare
a frequentare la nostra piazza, il nostro bar virtuale in cui ci sentiamo
più a nostro agio: può essere la rete dei nostri contatti a cui inviamo
sms con le prime cose che ci passano per la mente (”ma quanto caldo fa
oggi?”) o per comunicare svolte importanti della nostra vita (”questa
volta faccio sul serio, la lascio per sempre, tu che ne pensi?”); può
essere Facebook, Twitter, possono essere le antiquate mail o un intervento
su un forum. Aggrappati all’adsl, agli sms, all’umts, inseguendo una rete
wi-fi disponibile nella hall di un albergo di Tunisi piuttosto che in uno
Starbucks a Pechino non ci allontaniamo dal nostro “non luogo” preferito,
con i nostri amici, i nostri colleghi, la nostra rete, la nostra vita.
Comunichiamo molto più di prima, se ci viene in mente qualcosa subito
parte l’sms o l’intervento sulla bacheca di Facebook. Crolla lo scenario
che un tempo descriveva la tecnologia come un futuro di solitudine,
tristemente ancorati dietro a un computer. Non è così: comunichiamo e
socializziamo molto più un tempo, anche se spesso non lo facciamo con chi
è seduto al nostro fianco. Ma siamo anche travolti e ubriacati dal flusso
dei messaggi che riceviamo. E quasi, a un certo punto, desideriamo restare
soli, senza linea, senza messaggi. Passa subito: ben presto afferiamo il
nuovo telefonino e proviamo a cercare se in questa maledetta spiaggia alla
fine del mondo c’è il segnale 3g o almeno uno straccio di rete wi-fi. “Ma
quanto caldo fa oggi?”

sabato 16 maggio 2009

nino non aver paura di parare un calcio di rigore

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di Mauro Evangelisti
Finisce con un ragazzo argentino che ha compiuto da poco 22 anni che abbraccia un ragazzo uruguaiano che ne compirà 23 tra un mese. Finisce con Zarate che abbraccia Muslera, la Lazio che vince la Coppa Italia e può urlare "a Pechino, a Pechino" dove nel cuore dell'estate si giocherà la Supercoppa contro (probabilmente) l'Inter. Maurito Zarate quando abbraccia Muslera ha da poco segnato un rigore senza tremare ma soprattutto durante la partita ha ricamato un gol di quelli che possono convincere un bambino a fare la scelta della squadra per cui tifare per tutta la vita. Ma la storia più bella, con un po' di retorica come vuole la trama semplice e imbattibile del calcio e dello sport, è quella del portiere Fernando Muslera. Una piccola storia su cui soffermarsi, poco conta se tifi Lazio, Roma, Juve, Bari o Cesena perché non è questo il punto. E' la storia di un autunno in cui rischi di perderti per sempre e di una primavera che ti fa sentire invincibile. La polvere e la riscossa, a volte va così. Ed è incoraggiante pensare che può succedere a tante traiettorie della nostra vita. L'autunno di Muslera è quello del 2007: 7 ottobre, a 21 anni prende cinque gol dal Milan in casa, è il re delle papere, esce fuori squadra perché allora è meglio l'attempato Ballotta che potrebbe essere suo padre. E' autunno, per Muslera, e saranno in tanti a dirgli: non ti preoccupare, sei giovane, ti rifarai. Magari se lo è detto pure lui stesso, per farsi forza. Ma poi non lo sai mai se andrà veramente così, se davvero non ti sei bruciato per sempre, se non hai appena perso l'unico tram della tua vita. Se non finirai a ridere in un bar come i calciatori sfigati della canzone di De Gregori. La primavera è il 13 maggio del 2009: Muslera è decisivo, è miracoloso, non ha paura di parare un calcio di rigore, anzi due. Ed è anche da questi particolari che si giudica un giocatore.

giovedì 30 aprile 2009

suini con la febbre

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di MAURO EVANGELISTI
L'amore ai tempi della febbre suina. A volte le connessioni fra gli eventi sono sfuggenti. A volte. Negli ultimi giorni si è parlato soprattutto di: comici superati dalla realtà, liti coniugali via agenzia di stampa, belle ragazze candidate alle europee, febbre suina. Chiude il Bagaglino, palcoscenico che bonariamente rideva dei politici. Il Bagaglino per molti anni era stato abile nel miscelare le curve delle belle soubrette con le imitazioni dei vari leader politici.
Il premier e la moglie bisticciano via Ansa. Dopo che sulla nomina di alcune ministre in passato si erano addensate le nubi di una logora ironia, dopo che in passato alcune foto dalla solita Sardegna delle solite belle ragazze che sedevano sulle ginocchia del premier avevano suscitato i commenti astiosi dei soliti benpensanti, questa volta la moglie accusa il premier di avere scelto alcune candidate al Parlamento europeo solo per la loro avvenenza fisica. Lo rimprovera anche per avere partecipato alla festa di compleanno di una gradevole diciottenne che, con casta deferenza, chiama il premier "papi".
L'allarme per la febbre suina è salito al livello cinque.

domenica 26 aprile 2009

cina: copia, incolla, ma non compra

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di Mauro Evangelisti
Il diavolo veste Prada e intanto diventa ricco imitando le sue borse. Per una nuova puntata di impazzimenti della globalizzazione vediamo cosa è successo negli ultimi anni nelle maglie del grande gioco del fake, dei falsi, delle contraffazioni. Entriamo al Silk Market di Pechino o a uno dei megamercati della contraffazione di Shenzhen; usciamo pure dalla Cina e addentriamoci a Patpong, a Bangkok. Bene, a trattare all'ultimo sangue con il venditore di borse finte Prada troveremo quasi sempre solo turisti stranieri.
Spesso europei, spesso italiani.

Entriamo invece in una delle infinite e lussureggianti cattedrali dello shopping di Shanghai o Pechino: beh, a comprare le borse Prada non vedremo turisti, ma solo cinesi. Quella minoranza di cinesi - e sottolineiamo minoranza - che si è arricchita non comprerebbe mai un falso. Morale: gli italiani ci hanno messo il talento e poi sono andati a produrre in Cina dove c'era manodopera a basso prezzo. I cinesi - che come popolo e nazione hanno ovviamente una ben più vasta gamma di meriti e demeriti - hanno imitato, a volte pure bene. E alcuni di loro si sono arricchiti e possono permettersi di comprare i prodotti dell'alta moda, disdegnando le imitazioni. Gli italiani? Alcuni hanno perso il lavoro in questo strano gioco, altri magari in vacanza a Phuket ma anche dal senegalese sotto casa sono lì a trattare sul prezzo per la finta borsa di Prada prodotta dal cinese. Che continua ad arricchirsi.

venerdì 17 aprile 2009

fascionista

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di Mauro Evangelisti
Duro colpo al fascion district. Di cosa si tratta? A quindici chilometri da Forlì c'è una piccola cittadina, 6.500 abitanti. Collina, aria buona, si mangia bene. Meta di gite domenicali con la moto, anzi con "e mutor" come si dice in Romagna, giretto in macchina con la famiglia, Sangiovese e bruschette con gli amici. In alcune giornate particolari, però, la cittadina si trasforma: arrivano a migliaia signori vestiti spesso di nero, ragazzi con i capelli corti, i jeans stretti e i Ray-ban scuri, signore commosse, qualche fotografo e telecamere al seguito. Rituali sempre uguali nel cimitero, foresta di saluti romani.

Ad accogliere queste periodiche gite delle nostalgia c'è però un folto schieramento di negozi sulla via principale o di venditori ambulanti, che propongono dal più classico dei testoni in finto marmo del Duce a tutta una sequela di merchandising del fascismo (e del nazismo), una gamma di oggettistica che sconfina nell'apologia del kitsch (chissà, magari prodotta in Cina...).

Quella cittadina si chiama Predappio, città natale di Benito Mussolini, la cui salma è nel cimitero comunale. Per tanti anni Predappio ha convissuto con questo scomodo concittadino e con il fascion district che prospera attorno alla sua tomba. Sindaci e consigli comunali, sempre a sinistra nel dopo guerra, hanno tollerato. Fino ad oggi, visto che ora - sulla scia delle ordinanze tanto amate dai sindaci - il Comune di Predappio ha deciso di limitare il fenomeno: oggetti e souvenir che promuovono il fascismo non potranno più essere esposti per strada o in vetrina, quelli con richiami razzisti non potranno proprio essere venduti. Ai fascionisti restano comunque Sangiovese e bruschette.

lunedì 23 marzo 2009

"veltroni dava da mangiare agli stupratori della caffarella"

i due romeni che hanno stuprato la ragazza nel parco della caffarella, a roma, erano ospiti del comune di roma (sindaco alemanno), nei padiglioni dell'ex fiera, dopo lo sgombero di un campo abusivo. avevano entrambi precedenti, ma evidentemente i controlli incrociati che dovrebbero consentire di allontanare i delinquenti e tenere i buoni, per ora non funzionano così bene. nessuno può accusare alemanno per questo, sono meccanismi complessi, da migliorare, ci vuole tempo. ma una domanda frulla in testa: se il sindaco di roma fosse stato ancora veltroni, che titoli avrebbero fatto alcuni giornali di destra o certi tg? tipo: "veltroni dava da mangiare gratis agli stupratori"? matematico.

venerdì 13 marzo 2009

c'hanno i cornetti

26 febbraio 2009
Alemanno proibisce i cornetti di notte
Ecco cosa annunciò l'Ansa:
Il Campidoglio - vale a dire Alemanno - decide che "da metà marzo entreranno in vigore nuove regole in tutta la città, a partire dalla chiusura a l'una per chi vende gelati o cornetti".

13 marzo 2009
Alemanno salva i cornetti proibiti da Alemanno
Alemanno dichiara: "Si potranno mangiare i cornetti di notte, la tradizione romana è salva"

Prossime mosse mediatiche:
proibiranno la grattachecca e il giorno dopo diranno che non è più proibita. Titolo: "Alemanno salva la grattachecca"

giovedì 12 marzo 2009

alcol, vittime, velocità, guida. roma

copia e incolla da ilmessaggero.it

di Mauro Evangelisti
Dobbiamo smettere di guidare dopo avere bevuto alcolici. Punto. Senza se, senza ma, senza però. Ciò che è successo venerdì notte, a Roma, sul Lungotevere è una tragedia che riassume la follia di quanto avviene sulle strade della Capitale, sulle strade d'Italia. A travolgere una ragazza, provocandole lesioni molto gravi, non è stato un immigrato irregolare senza nulla da perdere, il lupo cattivo che amiamo additare per sentirci tutti differenti, migliori. No, è stato un ragazzo come tanti che, per sua stessa ammissione, aveva bevuto troppo dopo una serata in discoteca. Forse non tutti avremmo fatto come lui, molti di noi al suo posto si sarebbero fermati dopo l'incidente, forse non avremmo finto il furto dell'auto per coprire ciò che era successo. Ma quanti - fra chi scrive e chi legge - possono affermare con sincerità di non avere mai guidato dopo avere bevuto un bicchiere di troppo, più alcol di quanto è previsto dal codice della strada?

Fra i commenti arrivati al sito del Messaggero sull'articolo dedicato al pirata della strada del Lungotevere ce n'era uno laconico. Al termine di una serie lunghissima di interventi, tutti di condanna molto dura del ragazzo arrestato, un lettore ha osservato «Tutti bravi dietro il nostro pc, forse un po' meno al volante della nostra auto..». Il padre di Irene, la ragazza in coma, ha detto: «Troppe persone comuni, normali, quando si mettono alla guida di un'auto si trasformano, non hanno più rispetto per la vita».

In molti paesi d'Europa e del mondo è inconcepibile che si possa guidare dopo avere bevuto alcolici. Bisogna cambiare, anche a Roma, anche in Italia. Attenzione, non è moralismo: si possono prendere mille sbronze, ma se lo fai non devi guidare. Se sai che devi guidare, rinunci all'alcol. Una serata senza una bevuta di birra non ha mai ucciso nessuno, una bevuta di birra, quando si guida, purtroppo sì. C'è solo un modo per esprimere solidarietà ed essere vicino alla famiglia di Irene: noi tutti - chi scrive e chi legge - da oggi, da subito, dobbiamo smettere di guidare dopo avere bevuto. Senza se, senza ma, senza però.

giovedì 5 marzo 2009

balotelli crisi inter-nazionale

copia e incolla da il messaggero.it

di Mauro Evangelisti
Si sta ribaltando il mondo e rischiamo di finirci sotto. La crisi globale sta tagliando posti di lavoro e consumi. Poi però le statistiche raccontano che comunque si continua a spendere per lo smartphone e il benessere. Messaggi e massaggi. Con la caduta del muro di Berlino, il modello occidentale aveva promesso a chi viveva oltre cortina il più pragmatico paradiso consumista al posto del fallimentare paradiso comunista.

Oggi dalla Lettonia alla Romania, dall'Ungheria alla Bulgaria la crisi sta spazzando via speranze e vite migliori. Il paradiso può attendere. Ammiravamo il sogno americano, la storia delle banche che finanziavano le grandi idee con coraggio in modo che ciascuno potesse costuirsi la propria fortuna. Scopriamo che era (in parte) un castello di carte. Di credito. Fatichiamo a capire questa crisi. Ci aspettavamo che milioni di cinesi acquistassero i prodotti del made in Italy (realizzati in Cina, ma questo sembrava secondario) invece si ha l'impressione che ciò che sta avvenendo sia altro: le risorse del pianeta terra non sono infinite, dopo che i paesi emergenti sono emersi siamo molti più di prima a dividerci la torta. Ne spetta una fetta sempre più piccola a tutti.

Alcuni anni fa a marciare contro la globalizzazione c'erano solo alcuni facinorosi con i capelli lunghi che chiamavamo appunto no global. Da un anno a questa parte abbiamo scoperto che a mettere in guardia contro la "cattiva globalizzazione" è il ministro più incisivo - Tremonti - di un governo liberista. Dieci anni fa la custodia cautelare sembrava il male assoluto e il garantismo andava bene con tutto, oggi si prende atto con una certa disinvoltura di tentativi di linciaggio e si invocano manette, manette, manette. Infine: anni fa la Juventus era cattiva, potente e prepotente. L'Inter perdente ma simpatica e politicamente corretta. Oggi è vincente, predatrice ma più antipatica. Sarà perché anche Balotelli - che comunque è fortissimo - a suo modo è un prodotto della globalizzazione. Crisi Internazionale.

il gran premio di città del vaticano

copia e incolla da ilmessaggero.it

di Mauro Evangelisti
Speriamo che si ricordino di disattivare gli autovelox all’Eur. Ieri il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha dato il grande annuncio: «Credo che il gran premio di Formula Uno si farà». Certo, ci sarà da aspettare, perché l’appuntamento con Williams, Ferrari e Toro Rosso è fissato per il 2012 quando, sempre stando alle promesse del Campidoglio, sarà pronto un circuito cittadino (all’Eur appunto). Le auto in gara raggiungeranno punte massime di 270 chilometri all’ora. Non male. Poco di meno di quanto fanno certe Clio sul Lungotevere.

Dopo avere messo agli atti una buona dose di perplessità di fronte a questo progetto, va anche detto che l’operazione Formula Uno ha già fatto scaldare i motori dell’eterna sfida lombarda contro Roma Ladrona. Ladrona anche di gran premi, secondo un parlamentare della Lega, che ha organizzato una furiosa raccolta di firme. Se nel calendario della Formula Uno, insieme a Singapore, Shanghai, Instanbul, Montecarlo entrerà pure Roma, allora Monza rischierà grosso perché la casella dell’Italia sarà occupata da una città un filo più ingombrante.

Imola, in fondo, è rimasta a lungo nel calendario con la denominazione che sapeva tanto di scorciatoia di “Gran Premio di San Marino”. Ma Roma che fa? Il “Gran Premio di Città del Vaticano”? Difficile. Per questo in Lombardia sono molto preoccupati. Ma in fondo potrebbero preparare un piano B per Monza: il “Gran Premio della Padania”.

domenica 1 marzo 2009

niente è per sempre

ci hanno inculcato quella maledetta idea che sentimenti e legami, fiducia o sfiducia, simpatia o antipatia, debbano essere per sempre. o sono saldi e immutabili o sono falsi e traditori. ma non è così. cambiamo troppo in fretta - ciò che eravamo ieri non è ciò che siamo oggi che non sarà ciò che saremo domani. illudersi che amore, amicizia, odio, attrazioni, seguano le nostre stesse contorte evoluzioni è folle. nulla è per sempre. e forse è pure meglio

martedì 24 febbraio 2009

la penso come il questore di roma

scriveva mauro evangelisti il 5 febbraio 2009

"...l’effetto di ciò che succede a Roma si moltiplica per dieci. E questo, a volte, non aiuta a mantenere i nervi saldi. Prendiamo Guidonia, sempre alle porte di Roma: cinque stranieri aggrediscono una coppia, chiudono lui nel bagagliaio, violentano lei. Giustamente, lo sdegno ha attraversato il Paese, si è parlato di emergenza criminalità, il sindaco di Roma ha chiesto risorse al Governo. Bene, in quegli stessi giorni la lista delle violenze sessuali, altrettanto feroci, era assai lunga: in Calabria, a Milano, in provincia di Ragusa (addirittura qui con la stessa indegna modalità di Guidonia). Eppure, il messaggio che sta passando è che sia Roma l’epicentro dell’insicurezza quotidiana. Avvenne anche in occasione del delitto di Giovanna Reggiani. Roma - sia chiaro, giustamente - si ribellò al degrado che avanzava, agli accampamenti abusivi senza controllo, alle stazioni buie. Anche in quel caso, intervenne il Governo. In quei mesi il Nord Est viveva il damma delle rapine in villa violente e feroci. E la Lega si arrabbiò: perché tanta attenzione solo su Roma? A proposito: secondo voi nel 2007, l’anno del delitto Reggiani e dell’esplosione del problema sicurezza a Roma, ci sono state più violenze sessuali a Milano o nella Capitale? Milano 444 violenze sessuali, Roma 320 (dati della Direzione centrale della Polizia criminale, sono su www.interno.it). Eppure, allora si parlò di crisi del modello Roma, non di crisi del modello Milano".

ha detto giuseppe caruso, questore di Roma, il 24 febbraio 2009

a proposito di violenza sessuale "a Roma c'è stata una sequenza casuale di tanti accadimenti ma non è un'eccezione rispetto al resto dell'Italia. In altre realtà non viene pubblicizzato, come quando al nord rubavano nelle ville e vi assicuro che non si trattava solo di furto".


e a proposito di dati sulle violenze sessuali

il viminale ha diffuso quelli più recenti, relativi al 2008
a Roma le violenze sessuali sono state 317; a Milano 450. e Milano ha meno abitanti ed è meno estesa. Allora perché si parla solo di Roma?

giovedì 19 febbraio 2009

sanremo. carta canta

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di Mauro Evangelisti
C'è Sanremo e bla, bla, bla. Ma il vero personaggio di quest' anno si chiama Marco Carta. Perché? Dimenticate alcune cose marginali: è scarso, no è un fenomeno, canta bene, no piace solo alle ragazzine. Non è qui la parte interessante. Marco Carta è un ragazzo di Cagliari che fino a un anno fa faceva il parrucchiere. Come tanti finisce in televisione, nel talent show di Amici, l' unica scuola dove non c'è mai sciopero, dove l' Onda non è passata. Dove, ciclicamente, i professori decidono chi fra aspiranti cantanti o ballerini eliminare perché è una schiappa. Un giorno, tac, gli insegnanti di canto decidono che a casa ci debba andare proprio Marco Carta, perché non è bravo, perché non s' impegna, perché è stonato, perché non ha talento. Addio sogni, addio successo, altro che dischi di platino o Sanremo.Tutto finito, fuuum. Marco Carta prepara la valigia in lacrime, gli altri concorrenti lo consolano, deve tornare fra caschi, phon e permanenti. 

E' in quel momento, quando tutto sembra perduto, che Marco Carta incontra le sue sliding doors, il suo bivio. Uno degli insegnanti alza la voce, si mette di traverso, si schiera contro tutti e dice che non si può mandare via uno così, che non è vero che Marco Carta è una schiappa. Lo salva e inizia una serie di celebri lezioni one to one, momenti di televisione irripetibile con flessioni, ramanzine, urla, lacrime e perfino parallela imitazione di Fiorello, segnale di successo imminente. Finale: Marco Carta vince il programma, Marco Carta riempie i concerti di ragazzine, Marco Carta vende molti dischi, Marco Carta invece di tornare fra caschi, phon e permanenti canta sul più importante palco d' Italia. Se quell' insegnante non si fosse messo di traverso, la sua vita sarebbe stata, forse, molto differente. 

Ecco, questa storia è bella al di là del possibile-probabile contributo degli autori del programma; perché in fondo, tutti noi, quando ci siamo trovati a un bivio come quello di Marco Carta, avremmo voluto incontrare un insegnante, un allenatore, un capo ufficio, un direttore, perfino una fidanzata che si fosse messo di traverso e avesse urlato: fermi tutti, lui non è una schiappa, lui ha del talento. Magari quell'incontro non c'è stato. Le sliding doors non si sono aperte in tempo e, tac, siamo metaforicamente rimasti fra phon, caschi e pemamenti.

Ps. Attenzione, c'è un altro finale possibile: quell'incontro, quell'insegnante pronto a urlare: «fermi, lui ha talento, non è una schiappa», non c' è stato semplicemente perché il talento non c'era, perché eravamo davvero delle schiappe. Ma poi chi l' ha detto che il palco di Sanremo sia per forza meglio di phon, caschi e permamenti?

giovedì 5 febbraio 2009

nettuno ti può giudicare

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di Mauro Evangelisti
Alcuni ragazzi danno fuoco a un barbone e per poco non lo uccidono. Già sentita questa notizia? Nettuno? Sbagliato. Rimini, 11 novembre, nemmeno tre mesi fa. La stessa demente follia di Nettuno. Non ricordate i titoli di apertura dei telegiornali e dei quotidiani? Non ricordate le lunghe dirette dei talk show? Non ricordate il presidente del Senato che va a fare visita al barbone morente di Rimini? No, non lo ricordate perché i titoli ci furono, ma con caratteri più piccoli, i talk show furono meno appassionati, il dibattitto e la mobilitazione delle più alte cariche dello Stato meno evidente. Come mai? Un barbone a fuoco a Rimini vale meno di un barbone a fuoco a Nettuno? Certo, nell’ultimo caso c’era anche la preoccupazione che si trattasse di un’esplosione di xenofobia dopo il caso di Guidonia. La spiegazione però può essere anche un’altra. Nettuno è Roma e l’effetto di ciò che succede a Roma si moltiplica per dieci. E questo, a volte, non aiuta a mantenere i nervi saldi. Prendiamo Guidonia, sempre alle porte di Roma: cinque stranieri aggrediscono una coppia, chiudono lui nel bagagliaio, violentano lei. Giustamente, lo sdegno ha attraversato il Paese, si è parlato di emergenza criminalità, il sindaco di Roma ha chiesto risorse al Governo. Bene, in quegli stessi giorni la lista delle violenze sessuali, altrettanto feroci, era assai lunga: in Calabria, a Milano, in provincia di Ragusa (addirittura qui con la stessa indegna modalità di Guidonia). Eppure, il messaggio che sta passando è che sia Roma l’epicentro dell’insicurezza quotidiana. Avvenne anche in occasione del delitto di Giovanna Reggiani. Roma - sia chiaro, giustamente - si ribellò al degrado che avanzava, agli accampamenti abusivi senza controllo, alle stazioni buie. Anche in quel caso, intervenne il Governo. In quei mesi il Nord Est viveva il damma delle rapine in villa violente e feroci. E la Lega si arrabbiò: perché tanta attenzione solo su Roma? A proposito: secondo voi nel 2007, l’anno del delitto Reggiani e dell’esplosione del problema sicurezza a Roma, ci sono state più violenze sessuali a Milano o nella Capitale? Milano 444 violenze sessuali, Roma 320 (dati della Direzione centrale della Polizia criminale, sono su www.interno.it). Eppure, allora si parlò di crisi del modello Roma, non di crisi del modello Milano. Si torna ai delinquenti che bruciano i barboni in provincia di Roma e quelli che lo fanno in provincia di Rimini. Ciò che succede nella Capitale, è evidente, suscita reazioni più intense. Non è sbagliato, Roma a lungo ha sottovalutato i problemi. L’importante è comprenderne i confini. Valutare la città e la sua provincia per ciò che sono. Senza passare dalla giusta attenzione alla irrazionale paranoia.

giovedì 29 gennaio 2009

ecco l'i phone nano. quasi vero

da tempo si dice che l'apple stia preparando un nuovo iphone, più piccolo, così come esiste l'ipod nano. la cosa divertente è che in cina hanno già sfornato la copia di questo potenziale prodotto. eccolo nelle foto, a confronto con un nokia e con una tratto pen per capirne le dimensioni, circa la meta dell'iphone normale (e originale). in alcuni shopping center asiatici, ad esempio nel famoso mbk di bangkok, si trova a poco meno di 80 euro. non ne vale molto di più: il touch screen è a dir poco approssimativo, non è wi-fi, ma riproduce graficamente l'iphone vero. fra l'altro clamorosamene presenta, come si vede nella foto, il simbolo apple e a differenza dell'originale, magia, manda gli mms. ma la cosa spettacolare è la versione italiana dei menu tradotta smaccatamente con qualche traduttore su internet. così "play" è diventato "gioca", "save" non "salva" ma risparmia, il "wallpaper" "carta da parati". Fino a finezze come "cancellare tutti i archivio" o "la chiamata è stata abortita".



hong kong, il numero sfigato

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di Mauro Evangelisti
Non si può mai stare tranquilli. Ieri il South China Morning Post, quotidiano molto serio e curato in lingua inglese di Hong Kong, titolava tutta la prima pagina sulla sfiga. Sì, con l'apertura del nuovo anno cinese secondo tradizione nei templi taoisti si scelgono i bastoncini che corrisopondono a un numero. Bene, uno dei membri del governo di Hong Kong ha scelto il 27, portatore di sventura. E la notizia – con le diverse interpretazioni più o meno allarmistiche degli indovini – ieri era la prima, la più importante. Come se i quotidiani italiani il 2 gennaio avessero titolato a sette colonne sulle previsioni di malasorte per il 2009 sfornate dagli astrologi. Ma colpisce soprattutto altro: fra i grattacieli che sfidano il futuro, negli uffici delle multinazionali, in una delle appendici della grande potenza del ventunesimo secolo, dove regnano materialismo, concretezza, scienza, alta tecnologia la notizia del giorno diventa un numero che porta sfortuna. Si può sfidare il futuro costruendo grattacieli, ma si continua ad avere rispetto e timore del futuro imprevedibile. A proposito: pare che il numero 27 significhi lontananza e incomprensione fra chi governa e il popolo. Ma il numero è uscito a Hong Kong, non in Italia, sia chiaro.

obama, la speranza, i sogni

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di Mauro Evangelisti

E adesso? Il sogno si è avverato, il grande show del giuramento di Obama è finito. Le immagini sono state consegnate alla storia. La grande speranza. Obama non è semplicemente il primo presidente di colore degli Stati Uniti, applaudito in lacrime da chi solo qualche decina di anni fa non poteva sedersi a fianco di un bianco su un bus. Obama è simbolo del nostro mondo, di ciò che è diventato e diventerà, anche perché è figlio di una coppia mista, di un uomo di colore e di una donna bianca, di indovina chi viene a cena, dell’incontro fra due etnie, di scelte coraggiose che un tempo facevano scandalo. Non solo: Obama è anche la dimostrazione – seppure non la prima – che non sempre grandi uomini sono cresciuti in famiglie perfette, modello La casa nella prateria. Obama viene da una famiglia complessa, come tanti della sua generazione è figlio di genitori separati e ha fratelli che vivono in Africa. Anche per questo, in fondo, nei giorni della grande crisi e dell’oceano di canti, lacrime e sorrisi, dello show intriso di retorica, Obama presidente degli Stati Uniti è qualcosa di nuovo. Eppure il difficile viene ora. I sogni che si materializzano portano all’inizio di una strada scivolosa. Detto in modo banale: puoi sposare anche la ragazza più bella del mondo e della quale sei follemente innamorato, ma ti ritroverai prima o poi comunque a spingere svogliatamente il carrello in un ipermercato affollato, a maledire il mutuo, a pensare – almeno una volta se proprio ti dice fortuna – che hai sbagliato tutto nella vita. Ogni volta che un sogno si realizza, o comunque entra nel territorio della concretezza, appare la solita domanda traditrice: e adesso?

sabato 10 gennaio 2009

saldi, saldi, saldi

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MAURO EVANGELISTI
Magari quelle sneaker con i contorni gialli sono un filo vistose. E fino a qualche giorno fa le avresti lasciate a poltrire meste sullo scaffale del negozio. Ma ora il cartellino rilancia un saldo del 30 per cento e che fai, non le compri? Eddai. Sono i saldi, bellezza. E visto che per mesi siamo stati angosciati da: 1. immagini di ammosciati broker newyorkesi licenziati insieme alle loro scatole; 2. indicatori delle borse che andavano sempre più giù; 3. prezzi del petrolio che (un tempo) andavano sempre più su; 4. case tipo quelle della Famiglia Bradford requisite dalle banche perché negli Usa pare che nessuno pagasse più i mutui; insomma, visto che per mesi ci hanno detto che stava arrivando il ’29, non il 2009, beh... quando sono scoppiati i saldi, fosse solo per spendere dieci euro, ci siamo precipitati nei negozi, nei centri commerciali, negli outlet, ovunque ci fosse qualcuno che ci promettesse un qualsiasi sconto. Se non possiamo più investire in borsa, quanto meno investiamo in quella borsa marrone di un noto brand che oggi costa un po’ di meno. E così i commercianti fin dalle prime ore dei saldi hanno spiegato: «Qui non sappiamo a chi dare i resti». Dopo una settimana alla Confcommercio e alla Confesercenti confermano l’aumento degli affari. Occhio: questo non significa che siamo tutti ricchi, significa proprio il contrario. Visto che le famiglie hanno meno soldi da spendere, aspettano gli sconti per acquistare ciò che serve. Avanti di questo passo, con i saldi che cominciano sempre prima, a prezzo pieno acquisterà solo qualche emiro in vacanza a Roma. Ultima annotazione: nelle scene da bolgia dantesca di negozi e centri commerciali al tempo dei saldi, si tenta di comprendere la scientificità dei dati diffusi da alcune associazioni dei consumatori che il primo giorno assicuravano cali del 20, 30, 40 per cento. Il sospetto che fosse solo un modo per finire nei titoli dei tg si affaccia. E veniva il sadico desiderio di prendere uno dei tanti autori delle previsioni nefaste, portarlo fra la folla di assatanati del sabato di apertura dei saldi, sulle sclae mobili di un mega centro commerciale e dirgli: ok, ora mi vai a comprare una camicia azzurra, taglia M. Anzi, fendi la marea e mi vai a comprare quelle sneaker con i contorni gialli.

giovedì 1 gennaio 2009

la chiavetta della vita

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MAURO EVANGELISTI
E’ quasi fatta. Anche questo primo decennio del 2000 ce lo siamo giocati. Altri 365 giorni e festeggeremo l’inizio dei fantastici anni Dieci. Questo primo decennio ci aveva fulminato – appena partito – con le immagini dei due aerei che si schiantavano sulle Torri gemelle e su un mondo che appariva immutabile. Ma come li ricorderemo questi anni? Gli anni Zero? Suona male, fa tanto trasmisisone di Santoro. E’ un decennio non definibile. Li ricorderemo come gli anni dei jeans a vita bassa, del terzo scudetto della Roma, dellaJuventus in serie B, di Cannavaro che alza la Coppa, delle Sere nere diTiziano Ferro, dei Grandi fratelli, della cocaina e delle pasticche prodotto di massa? E’ un decennio cominciato con la paura – il terrorismo, la guerra-, che si conclude con la paura – il terrorismo, la guerra, la crisi globale – ma anche con la speranza offerta da un simbolo, un uomo di colore alla guida della grande potenza. E’ un decennio in cui, come da contratto con la vita, ognuno di noi ha seminato esperienze importanti: si è sposato, ha divorziato, ha avuto dei figli, ha trovato un lavoro, si è innamorato, ha tradito, è scappato, è ritornato. Altro che anni Zero. Abbiamo 365 giorni per capire cosa resterà di questi anni Zero, tanto fra un po’ sarà già Pasqua, parleremo delle città che non si svuotano più ad agosto, discuteremo sui nuovi acquisti della Roma e della Lazio, di come fa freddo nell’inverno 2009. E sarà già 2010. Vrooom. Anche il tempo è più veloce, come una connessione Adsl. Nel decennio a cui sta per scadere il mandato abbiamo anche imparato a chiudere tutte le nostre vite – la musica, i filmati, le foto, le parole, i ricordi – in piccole protesi. Un lettore Mp3, la memory card di un telefonino, l’hard disk esterno, il link di un blog o l’album di Facebook. E la chiavetta. Ecco, in questo decennio abbiamo imparato a salvare le nostre vite in una chiavetta, magari da appendere al collo come un ciondolo, per sentirci più sicuri. Sì, tutte le nostre vite – tutti i nostri anni Zero – salvate in una chiavetta. Per fortuna, c’è ancora spazio.

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