domenica 26 aprile 2009

cina: copia, incolla, ma non compra

copia e incolla da ilmessaggero.it

di Mauro Evangelisti
Il diavolo veste Prada e intanto diventa ricco imitando le sue borse. Per una nuova puntata di impazzimenti della globalizzazione vediamo cosa è successo negli ultimi anni nelle maglie del grande gioco del fake, dei falsi, delle contraffazioni. Entriamo al Silk Market di Pechino o a uno dei megamercati della contraffazione di Shenzhen; usciamo pure dalla Cina e addentriamoci a Patpong, a Bangkok. Bene, a trattare all'ultimo sangue con il venditore di borse finte Prada troveremo quasi sempre solo turisti stranieri.
Spesso europei, spesso italiani.

Entriamo invece in una delle infinite e lussureggianti cattedrali dello shopping di Shanghai o Pechino: beh, a comprare le borse Prada non vedremo turisti, ma solo cinesi. Quella minoranza di cinesi - e sottolineiamo minoranza - che si è arricchita non comprerebbe mai un falso. Morale: gli italiani ci hanno messo il talento e poi sono andati a produrre in Cina dove c'era manodopera a basso prezzo. I cinesi - che come popolo e nazione hanno ovviamente una ben più vasta gamma di meriti e demeriti - hanno imitato, a volte pure bene. E alcuni di loro si sono arricchiti e possono permettersi di comprare i prodotti dell'alta moda, disdegnando le imitazioni. Gli italiani? Alcuni hanno perso il lavoro in questo strano gioco, altri magari in vacanza a Phuket ma anche dal senegalese sotto casa sono lì a trattare sul prezzo per la finta borsa di Prada prodotta dal cinese. Che continua ad arricchirsi.

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