martedì 24 febbraio 2009
la penso come il questore di roma
"...l’effetto di ciò che succede a Roma si moltiplica per dieci. E questo, a volte, non aiuta a mantenere i nervi saldi. Prendiamo Guidonia, sempre alle porte di Roma: cinque stranieri aggrediscono una coppia, chiudono lui nel bagagliaio, violentano lei. Giustamente, lo sdegno ha attraversato il Paese, si è parlato di emergenza criminalità, il sindaco di Roma ha chiesto risorse al Governo. Bene, in quegli stessi giorni la lista delle violenze sessuali, altrettanto feroci, era assai lunga: in Calabria, a Milano, in provincia di Ragusa (addirittura qui con la stessa indegna modalità di Guidonia). Eppure, il messaggio che sta passando è che sia Roma l’epicentro dell’insicurezza quotidiana. Avvenne anche in occasione del delitto di Giovanna Reggiani. Roma - sia chiaro, giustamente - si ribellò al degrado che avanzava, agli accampamenti abusivi senza controllo, alle stazioni buie. Anche in quel caso, intervenne il Governo. In quei mesi il Nord Est viveva il damma delle rapine in villa violente e feroci. E la Lega si arrabbiò: perché tanta attenzione solo su Roma? A proposito: secondo voi nel 2007, l’anno del delitto Reggiani e dell’esplosione del problema sicurezza a Roma, ci sono state più violenze sessuali a Milano o nella Capitale? Milano 444 violenze sessuali, Roma 320 (dati della Direzione centrale della Polizia criminale, sono su www.interno.it). Eppure, allora si parlò di crisi del modello Roma, non di crisi del modello Milano".
ha detto giuseppe caruso, questore di Roma, il 24 febbraio 2009
a proposito di violenza sessuale "a Roma c'è stata una sequenza casuale di tanti accadimenti ma non è un'eccezione rispetto al resto dell'Italia. In altre realtà non viene pubblicizzato, come quando al nord rubavano nelle ville e vi assicuro che non si trattava solo di furto".
e a proposito di dati sulle violenze sessuali
il viminale ha diffuso quelli più recenti, relativi al 2008
a Roma le violenze sessuali sono state 317; a Milano 450. e Milano ha meno abitanti ed è meno estesa. Allora perché si parla solo di Roma?
giovedì 19 febbraio 2009
sanremo. carta canta
copia e incolla da ilmessaggero.it
di Mauro Evangelisti
C'è Sanremo e bla, bla, bla. Ma il vero personaggio di quest' anno si chiama Marco Carta. Perché? Dimenticate alcune cose marginali: è scarso, no è un fenomeno, canta bene, no piace solo alle ragazzine. Non è qui la parte interessante. Marco Carta è un ragazzo di Cagliari che fino a un anno fa faceva il parrucchiere. Come tanti finisce in televisione, nel talent show di Amici, l' unica scuola dove non c'è mai sciopero, dove l' Onda non è passata. Dove, ciclicamente, i professori decidono chi fra aspiranti cantanti o ballerini eliminare perché è una schiappa. Un giorno, tac, gli insegnanti di canto decidono che a casa ci debba andare proprio Marco Carta, perché non è bravo, perché non s' impegna, perché è stonato, perché non ha talento. Addio sogni, addio successo, altro che dischi di platino o Sanremo.Tutto finito, fuuum. Marco Carta prepara la valigia in lacrime, gli altri concorrenti lo consolano, deve tornare fra caschi, phon e permanenti.
E' in quel momento, quando tutto sembra perduto, che Marco Carta incontra le sue sliding doors, il suo bivio. Uno degli insegnanti alza la voce, si mette di traverso, si schiera contro tutti e dice che non si può mandare via uno così, che non è vero che Marco Carta è una schiappa. Lo salva e inizia una serie di celebri lezioni one to one, momenti di televisione irripetibile con flessioni, ramanzine, urla, lacrime e perfino parallela imitazione di Fiorello, segnale di successo imminente. Finale: Marco Carta vince il programma, Marco Carta riempie i concerti di ragazzine, Marco Carta vende molti dischi, Marco Carta invece di tornare fra caschi, phon e permanenti canta sul più importante palco d' Italia. Se quell' insegnante non si fosse messo di traverso, la sua vita sarebbe stata, forse, molto differente.
Ecco, questa storia è bella al di là del possibile-probabile contributo degli autori del programma; perché in fondo, tutti noi, quando ci siamo trovati a un bivio come quello di Marco Carta, avremmo voluto incontrare un insegnante, un allenatore, un capo ufficio, un direttore, perfino una fidanzata che si fosse messo di traverso e avesse urlato: fermi tutti, lui non è una schiappa, lui ha del talento. Magari quell'incontro non c'è stato. Le sliding doors non si sono aperte in tempo e, tac, siamo metaforicamente rimasti fra phon, caschi e pemamenti.
Ps. Attenzione, c'è un altro finale possibile: quell'incontro, quell'insegnante pronto a urlare: «fermi, lui ha talento, non è una schiappa», non c' è stato semplicemente perché il talento non c'era, perché eravamo davvero delle schiappe. Ma poi chi l' ha detto che il palco di Sanremo sia per forza meglio di phon, caschi e permamenti?