venerdì 29 maggio 2015

Boccea e dintorni


di Mauro Evangelisti

Tra i tanti cartelli apparsi dopo l’incidente mortale di Boccea provocato da tre rom in fuga dalla polizia, ce n’è uno che sta girando molto sui social netowrk (in casi così su Facebook e Twitter si scatena l’inferno, scompaiono gattini e tramonti, appaiono le tribù con i colori di guerra): «E adesso ditelo alle famiglie che state lavorando per l’integrazione». Certo, chi l’ha scritto è in buona fede. C’è solo un problema: Corazon, la signora filippina morta, stava costruendo una vita migliore insieme al marito per le figlie proprio grazie al valore dell’integrazione. E dell’accoglienza (sì, di questi tempi sembra una parolaccia ma per rispetto della memoria di Corazon anche questo sostantivo va scritto). Se non ci fossero state integrazione e accoglienza, Corazon non avrebbe potuto lottare per una vita migliore in Italia e mandare aiuti ai parenti nelle Filippine. La risposta di molti è che bisogna anche parlare di chi rifiuta di integrarsi, di chi respinge regole e leggi della nostra società. Verissimo. E tanti errori sono stati commessi: soldi buttati, ingenuità, molti, come dimostra l’inchiesta su Mafia Capitale, hanno lucrato su tutto questo. Ma dovremmo essere maggiormente orgogliosi dei valori che Roma e l’Italia, pur tra mille disagi, errori e fallimenti ha provato a difendere. E nonostante tutto ci prova ancora. C’è un rom che è scappato, ma ci sono tanti stranieri come Corazon che amano l’Italia e che hanno imparato a rispettarla. Retorica? Perché gli slogan di chi semina odio sono originali?

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