giovedì 30 settembre 2010

la durata di un sogno

copia e incolla da ilmessaggero.it

Mauro Evangelisti
Se siete in grado di sopportare mugugni e lamentele di chi in sala non riesce a districarsi in una sceneggiatura che magistralmente ci chiude ubriachi in un labirinto, c’è un film da vedere che fa riflettere. Al di là delle caratteristiche della megaproduzione hollywoodiana che ovviamente propone molti effetti speciali, combattimenti, inseguimenti e più di un luogo comune. E’ “Inception” in cui il protagonista, interpretato da Leonardo Di Caprio, entra nei sogni altrui per carpirne i segreti o - e questa è la missione più difficile - per innescare idee e desideri.

Senza andare a rivelare trama e colpi di scena, il film recupera un concetto forte, già sviscerato da “Matrix” e, in fondo, anche da “Avatar”: quanto può divenire difficile comprendere quale sia la realtà vera, quale quella virtuale; quando la dimensione del sogno diviene la nostra realtà; quando la realtà ci appare solo come un ripiego. Quanto siano sfuggenti i confini fra vero e virtuale e quanto, a volte, preferiamo convincerci che quei confini non esistano.

Forse, il futuro è questo: la realtà fatta di carne e ossa perderà, lentamente, di importanza; quella virtuale, che sia un sogno o che sia un software, diventerà la nostra sostanza. Complicato? Non avete ancora visto “Inception”...

martedì 28 settembre 2010

johnny nuovo, ottima recensione da libriconsigliati

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Johnny Nuovo, di Mauro Evangelisti
Una vecchia sedia impolverata, un muro di cemento ingrigito, chiaroscuro imperante, vuoto. Manca un oggetto, una persona, un elemento che dia motivazione e “concretezza” a quella sedia. Questa l’immagine di copertina del primo romanzo di Mauro Evangelisti, fresco vincitore del premio Carver 2010. Una scelta grafica che fa presagire una storia buia e inquietante. La solitudine e l’abbandono, o meglio la solitudine per l’abbandono, è il tema portante del libro e la causa scatenante degli imprevedibili eventi che si susseguono nell’arco di centoundici pagine. Uno spazio breve e concentratissimo in cui si muovono personaggi solo apparentemente distanti.

Dopo la scomparsa della madre, uccisa dal marito perché sorpresa a letto con un altro, e la fuga della moglie, annoiata da una vita troppo regolare per una ventiduenne, K decide di cambiare radicalmente il corso della sua esistenza. Vagando da una nazione all’altra, il più lontano possibile da casa sua, K comincia a nutrire un terrificante desiderio: plasmare la mente di un essere umano. Come un macabro Grande fratello, per 18 anni K osserva in modo maniacale le reazioni del neonato che ha rapito e che tiene rinchiuso in un bunker di cemento grande quanto un campo di calcio. Un ambiente asettico, lontano dalle influenze esterne, il tutto finalizzato a “garantire” al piccolo protezione dal mondo.

Peccato che la gente normale la pensi diversamente : la pm Francesca Rapisarda, che mentre interroga K riflette sulla sua giovinezza svanita e cerca conferma della sua bellezza attraverso il tradimento; Alberto, l’uomo che ha visto crescere K e gli nasconde la natura uxoricida di suo padre; Beatrice che ha messo fine al suo matrimonio con K ma continua ad amarlo, in solitudine; gli psicologi che danno un’identità al ragazzo rapito, Johnny Nuovo, ma che nei suoi riguardi hanno lo stesso vigile e studioso atteggiamento del rapitore.
K si erge alla figura di supereroe, che salva un essere umano dalle brutture del mondo, e appare emblematica la scelta di una lettera come nome, K, proprio come avviene per certi protagonisti del mondo del fumetto (anche se il pensiero non può, al contempo, non andare al K., protagonista de Il castello di Franz Kafka). Riacquistata la libertà, Johnny non nutrirà rancore nei confronti del suo rapitore, anzi si ritroverà a pensare a lui con nostalgia, riconoscente, perché per diciotto anni proprio K ha fatto sì che Johnny crescesse in un mondo semplice e lineare, immune al triste concetto di morte.

Prigione e libertà, giusto e sbagliato. Tutto si confonde nella mente del lettore che si interroga costantemente sui gesti e i pensieri dei protagonisti. La narrazione è scandita da ritmi serrati, da frasi brevi o spezzate da fitta punteggiatura che tengono alta la tensione nel lettore, continuamente chiamato non solo a seguire le fila delle storie che si intrecciano, ma anche a passare da un piano temporale all’altro. Passato, presente e futuro, nessuno escluso.

Maria Grazia Piemontese per Libri Consigliati

domenica 26 settembre 2010

il romanzo "johnny nuovo" ha vinto il premio carver

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Il Premio Carver a Mauro Evangelisti



CIVITAVECCHIA (26 settembre) - Il romanzo di Mauro Evangelisti "Johnny Nuovo" ha vinto il premio Carver per la narrativa. Nato nel 2002 su iniziativa della rivista Prospektiva, il Carver si propone nel panorama dei riconoscimenti letterari italiani come un "controconcorso": i nomi dei giurati che scelgono i vincitori restano segreti fino alla fine, per evitare il meccanismo delle telefonate, delle raccomandazioni, delle pressioni da parte degli editori. Il presidente del premio Andrea Giannasi, che sceglie le cinquine dei candidati, sostiene di voler dare importanza solo al libro, «senza guardare chi è l'autore o la casa editrice».

Oltre a Evangelisti, nelle altre sezioni sono stati premiati anche per la saggistica Angela Camuso ("Mai ci fu pietà", libro-inchiesta sulla banda della Magliana pubblicato da Editori Riuniti) e per la poesia Marco Saya ("Situazione Temporanea", pubblicato da Puntoacapo).

Giornalista e saggista, Mauro Evangelisti lavora da anni come cronista al "Messaggero" (fra l'altro è una delle firme della rubrica "Titoli di Coda" per ilmessaggero.it) e prima di esordire nella narrativa aveva pubblicato tre libri-reportage. Edito da Cartacanta, "Johnny Nuovo" è un viaggio negli abissi del male, un racconto agile e spiazzante, scritto in una lingua diretta, con uno stile che non scade mai nel compiacimento letterario.

Pie. P.

sabato 25 settembre 2010

berlusconi e fini a forum, facciamola finita

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Mauro Evangelisti
Ah, i cari vecchi servizi deviati di una volta. I documenti verissimi, veri, verosimili o tarocchi. I cognati che lavano la Ferrari. Il presidente del Consiglio che gongola grazie alla campagna condotta dal quotidiano del fratello contro colui che, ci ha raccontato per sedici anni, in fondo era quasi come un fratello, tanto bravo che avrebbe dovuto fare il sindaco di Roma al posto di Rutelli. Beh, entrambi ci hanno messo sedici anni per scoprire che l'altro era inaffidabile. Nel pianeta terra, e non in quello digitale terrestre, verrebbe da dire che a questo punto dovrebbe vacillare la fiducia per entrambi. E mentre il Paese si trastulla fra compravendite immobiliari di un appartamento di proprietà privata a Montecarlo (se la vedano quelli di Alleanza nazionale fra di loro, vadano a Forum, che c'entra tutto il resto del Paese?), mentre, piccolo esempio, in Parlamento ha fatto un altro passo avanti la legge che metterà parte del Grande raccordo a Roma a pagamento, mentre meno tasse per tutti è rimasto uno splendido slogan vero quasi come il più pomposo ti amerò per sempre pronunciato alla terza Caipiroska, mentre - si può dire? - i ricchi sono sempre più ricchi, la classe media è sempre più medio-bassa, i poveri sempre più poveri, ecco non puoi nemmeno osservare che si sta ballando sul Titanic perché altrimenti è solo bolsa demagogia. E allora mambo.

giovedì 16 settembre 2010

leonardo express, bagagli a fiumicino, metro a e b: il calvario

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Mauro Evangelisti
A Roma c’è un terribile percorso di sopravvivenza. Parte dal binario 25 del Leonardo Express (il treno che per la non tanto modica cifra di 14 euro vi porta dai confini sadicamente remoti dalla stazione Termini all’aeroporto di Fiumicino) e arriva alle fermate della Metro A e B, sempre di Termini. Provate a farlo, nei due sensi, come un normale turista o come un romano che sta andando all’aeroporto o sta tornando a casa dopo un lungo viaggio. Trascinatevi dietro un trolley regolamentare, neanche tanto gigante, di quelli da dieci chili per i voli low cost. Beh, vi troverete ad affrontare una squallida, sfibrante e snervante sfida da ”Giochi senza frontiere”. O per essere un filo più attuale, almeno tre o quattro livelli di un game della Playstation fatto di cunicoli, scaloni, budelli delimitati da lamiere, cartelli criptici scritti a mano, desolazione dilagante. Welcome to Italy. Si dirà: ma è normale, ci sono i lavori in corso proprio per rifare e rendere più moderni i collegamenti fra la stazione ferroviaria e i treni della metro. Giusto, benissimo, meno male. Ma che ci voleva a organizzare meglio il percorso, a renderlo più accogliente, meno orrido, ad arricchirlo da cartelli di scuse per i disagi, di frecce magari non tracciate a mano, di riproduzioni di progetti su come diventerà quel benedetto collegamento che per ora sembra una pubblicità regresso: ci invita a non usare i mezzi pubblici. E’ solo un esempio di come accogliamo i turisti ma anche di come ci facciamo del male quando da romani e italiani siamo noi a dovere usare metropolitana, treni, collegamenti fino all’aeroporto. Dove, seconda mazzata, non troviamo lo scalo più bello del mondo, anzi. E dove spesso siamo costretti a volte a sfiorare l’ora di attesa per la restituzione della valigia (sempre meglio autoeducarci al solo bagaglio a mano, è ormai l’unica scappatoia). Sono solo due esempi di come accogliamo i turisti (e ieri Tripadvisor piazzava la Capitale come una delle città più pericolose per i borseggi). Ecco, Roma e il resto d’Italia devono avere davvero un fascino irripetibile se nonostante tutto questo i turisti continuano a venire. Ma quanti di loro tornano?

venerdì 10 settembre 2010

un paese provvisorio

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di Mauro Evangelisti
Ci dissero: vedrete, sarà fenomenale il bipolarismo. O di là o di qua. Addio partitocrazia, frantumazione. Addio partiti dall'1 o 2 virgola poco con ministri e potere. Vedrete, l'Italia conoscerà la stabilità e gli amici stranieri finiranno di prenderci in giro perché da noi i governi sono come gli amori d'estate a Rimini, durano poco. O di là o di qua, evviva.

Oggi, a due anni dalle elezioni in cui quelli di qua avevano battuto con una gigantesca maggioranza quelli di là, scopriamo che non funziona proprio così.

La semplificazione attorno a due partitoni - Pdl e Pd - si è già frantumata, abbiamo dovuto prendere confidenza con sigle nuove. Fli e Api, ad esempio, fondati - ironia del destino - da coloro che più di tre lustri fa, a Roma, furono protagonisti della prova generale dell'"o di là o di qua", Fini e Rutelli. E soprattutto si parla, ci risiamo, di elezioni anticipate. Quando il solito amico straniero telefona per prenderci in giro, premiamo il tasto rosso e rifiutiamo la chiamata.

martedì 7 settembre 2010

il romanzo "johnny nuovo" finalista del premio carver

PREMIO CARVER EDIZIONE 2010

News

La giuria del Carver, contropremio dell'editoria italiana, presieduta da Andrea Giannasi rende note le cinquine dei libri finalisti all'edizione 2010.Presente da otto anni il Carver non premia gli editori o i nomi degli autori, ma soltanto i libri. Dopo attenta lettura dei giurati - rigorosamente celati per evitare tirate di maniche - domenica 26 settembre a Civitavecchia presso la sala "Molinari" nella Cittadella della Musica alle ore 17, si conosceranno il libri vincitore di ogni sezione in gara: saggistica, narrativa e poesia.

Per l'edizione 2010 le cinquine sono così composte

Per la saggistica:
Montelepre, il dopoguerra e i misteri di Giuliano di Salvatore Badalamenti (La Zisa)
Mai ci fu pietà. La banda della Magliana dal 1977 a oggi di Angela Camuso (Editori Riuniti)
Universi quasi paralleli. Dalla fantascienza alla guerriglia mediatica di Antonio Caronia (Cut-Up)
Teoria e pratica dell’omicidio seriale di Giuseppe Magnarapa e Daniela Pappa (Armando)
Con foglio di via. Storie di internamento in alta Valmarecchia 1940-1944 di Lidia Maggioli e Antonio Mazzoni (Società il Ponte Vecchio)

Per la poesia:
Salutami il mare di Carla De Angelis (Fara)
La spugna di Lella de Marchi (Raffaelli)
A che titolo di Brunella Bruschi (Morlacchi)
Situazione temporanea di Marco Saya (Puntoacapo)
Frammenti di un respiro passeggero di Salvatore Scuderi (Kimerik)

Per la narrativa:
Gente normale di Valentina Capecci (Marsilio)
Con l’insistenza di un richiamo di Francesco Randazzo (Lupo)
Storie liquide di Gianluca Pirozzi (Croce)
Il borgo d’oltremare di Francesco Amato (Mursia)
Johnny nuovo. Il ragazzo che non conosceva il mondo di Mauro Evangelisti (CartaCanta)



http://www.prospektiva.it/carver.htm

i rabdomanti del wi.fi

di Mauro Evangelisti
Stiamo diventando dei rabdomanti. Per strada, in un bar, in spiaggia, all'aeroporto, soprattutto quando viaggiamo siamo sempre a caccia di una rete wifi. Ovviamente non lo fa la grande maggioranza delle persone, ma specialmente nelle nuove generazioni è sempre più frequente che due giovani, magari di due continenti diversi, mentre armeggiano con lo smartphone o un notebook in un aeroporto, attacchino discorso con la frase "scusa, ma tu l'hai trovato il wifi?".

Un po' meno in italia, moltissimo nelle metropoli straniere la fortuna di alcune grandi catene di caffetterie - e non solo Starbucks - è stata anche determinata dalla possibilitá di avere un collegamento alla rete metre ti bevi il frappuccino. Negli hotel la presenza del wifi in camera ormai è un optional comune come l'aria condizionata. Un tempo quando tornavi da un lungo viaggio leggevi avido e sorpreso il quotidiano italiano che davano in aereo e ti sentivi disorientato, un marziano, perché per due settimane eri rimasto escluso dal flusso delle informazioni e in Italia intanto era successo di tutto, caduto qualche governo, ad esempio.

Oggi quando torni dal Laos o dall'Honduras di che è successo in Italia - dei fatti importanti ma anche delle disavventure sentimentali della tua vecchia compagna di classe che hai come amica su Facebook - grazie a internet ne sai quasi più di chi è rimasto a casa. Su questa ansia di essere sempre collegati (ovviamente non solo col wifi) si potrebbe filosofeggiare a lungo, con pessimismo perché i cambiamenti, chissà perché, ci sembrano sempre negativi.

Invece bisognerebbe solo prendere atto che l'essere umano, la sua vita, sta mutando: c'è ancora quella fatta di carne e ossa, strette di mano, abbracci, schiaffoni, profumi e cattivi odori; e ce n'è un'altra complementare fatta di informazioni, comunicazioni, amicizie on line, social network. Perché deve essere un male?

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