giovedì 29 gennaio 2009

ecco l'i phone nano. quasi vero

da tempo si dice che l'apple stia preparando un nuovo iphone, più piccolo, così come esiste l'ipod nano. la cosa divertente è che in cina hanno già sfornato la copia di questo potenziale prodotto. eccolo nelle foto, a confronto con un nokia e con una tratto pen per capirne le dimensioni, circa la meta dell'iphone normale (e originale). in alcuni shopping center asiatici, ad esempio nel famoso mbk di bangkok, si trova a poco meno di 80 euro. non ne vale molto di più: il touch screen è a dir poco approssimativo, non è wi-fi, ma riproduce graficamente l'iphone vero. fra l'altro clamorosamene presenta, come si vede nella foto, il simbolo apple e a differenza dell'originale, magia, manda gli mms. ma la cosa spettacolare è la versione italiana dei menu tradotta smaccatamente con qualche traduttore su internet. così "play" è diventato "gioca", "save" non "salva" ma risparmia, il "wallpaper" "carta da parati". Fino a finezze come "cancellare tutti i archivio" o "la chiamata è stata abortita".



hong kong, il numero sfigato

copia e incolla da ilmessaggero.it

di Mauro Evangelisti
Non si può mai stare tranquilli. Ieri il South China Morning Post, quotidiano molto serio e curato in lingua inglese di Hong Kong, titolava tutta la prima pagina sulla sfiga. Sì, con l'apertura del nuovo anno cinese secondo tradizione nei templi taoisti si scelgono i bastoncini che corrisopondono a un numero. Bene, uno dei membri del governo di Hong Kong ha scelto il 27, portatore di sventura. E la notizia – con le diverse interpretazioni più o meno allarmistiche degli indovini – ieri era la prima, la più importante. Come se i quotidiani italiani il 2 gennaio avessero titolato a sette colonne sulle previsioni di malasorte per il 2009 sfornate dagli astrologi. Ma colpisce soprattutto altro: fra i grattacieli che sfidano il futuro, negli uffici delle multinazionali, in una delle appendici della grande potenza del ventunesimo secolo, dove regnano materialismo, concretezza, scienza, alta tecnologia la notizia del giorno diventa un numero che porta sfortuna. Si può sfidare il futuro costruendo grattacieli, ma si continua ad avere rispetto e timore del futuro imprevedibile. A proposito: pare che il numero 27 significhi lontananza e incomprensione fra chi governa e il popolo. Ma il numero è uscito a Hong Kong, non in Italia, sia chiaro.

obama, la speranza, i sogni

copia e incolla da ilmessaggero.it

di Mauro Evangelisti

E adesso? Il sogno si è avverato, il grande show del giuramento di Obama è finito. Le immagini sono state consegnate alla storia. La grande speranza. Obama non è semplicemente il primo presidente di colore degli Stati Uniti, applaudito in lacrime da chi solo qualche decina di anni fa non poteva sedersi a fianco di un bianco su un bus. Obama è simbolo del nostro mondo, di ciò che è diventato e diventerà, anche perché è figlio di una coppia mista, di un uomo di colore e di una donna bianca, di indovina chi viene a cena, dell’incontro fra due etnie, di scelte coraggiose che un tempo facevano scandalo. Non solo: Obama è anche la dimostrazione – seppure non la prima – che non sempre grandi uomini sono cresciuti in famiglie perfette, modello La casa nella prateria. Obama viene da una famiglia complessa, come tanti della sua generazione è figlio di genitori separati e ha fratelli che vivono in Africa. Anche per questo, in fondo, nei giorni della grande crisi e dell’oceano di canti, lacrime e sorrisi, dello show intriso di retorica, Obama presidente degli Stati Uniti è qualcosa di nuovo. Eppure il difficile viene ora. I sogni che si materializzano portano all’inizio di una strada scivolosa. Detto in modo banale: puoi sposare anche la ragazza più bella del mondo e della quale sei follemente innamorato, ma ti ritroverai prima o poi comunque a spingere svogliatamente il carrello in un ipermercato affollato, a maledire il mutuo, a pensare – almeno una volta se proprio ti dice fortuna – che hai sbagliato tutto nella vita. Ogni volta che un sogno si realizza, o comunque entra nel territorio della concretezza, appare la solita domanda traditrice: e adesso?

sabato 10 gennaio 2009

saldi, saldi, saldi

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MAURO EVANGELISTI
Magari quelle sneaker con i contorni gialli sono un filo vistose. E fino a qualche giorno fa le avresti lasciate a poltrire meste sullo scaffale del negozio. Ma ora il cartellino rilancia un saldo del 30 per cento e che fai, non le compri? Eddai. Sono i saldi, bellezza. E visto che per mesi siamo stati angosciati da: 1. immagini di ammosciati broker newyorkesi licenziati insieme alle loro scatole; 2. indicatori delle borse che andavano sempre più giù; 3. prezzi del petrolio che (un tempo) andavano sempre più su; 4. case tipo quelle della Famiglia Bradford requisite dalle banche perché negli Usa pare che nessuno pagasse più i mutui; insomma, visto che per mesi ci hanno detto che stava arrivando il ’29, non il 2009, beh... quando sono scoppiati i saldi, fosse solo per spendere dieci euro, ci siamo precipitati nei negozi, nei centri commerciali, negli outlet, ovunque ci fosse qualcuno che ci promettesse un qualsiasi sconto. Se non possiamo più investire in borsa, quanto meno investiamo in quella borsa marrone di un noto brand che oggi costa un po’ di meno. E così i commercianti fin dalle prime ore dei saldi hanno spiegato: «Qui non sappiamo a chi dare i resti». Dopo una settimana alla Confcommercio e alla Confesercenti confermano l’aumento degli affari. Occhio: questo non significa che siamo tutti ricchi, significa proprio il contrario. Visto che le famiglie hanno meno soldi da spendere, aspettano gli sconti per acquistare ciò che serve. Avanti di questo passo, con i saldi che cominciano sempre prima, a prezzo pieno acquisterà solo qualche emiro in vacanza a Roma. Ultima annotazione: nelle scene da bolgia dantesca di negozi e centri commerciali al tempo dei saldi, si tenta di comprendere la scientificità dei dati diffusi da alcune associazioni dei consumatori che il primo giorno assicuravano cali del 20, 30, 40 per cento. Il sospetto che fosse solo un modo per finire nei titoli dei tg si affaccia. E veniva il sadico desiderio di prendere uno dei tanti autori delle previsioni nefaste, portarlo fra la folla di assatanati del sabato di apertura dei saldi, sulle sclae mobili di un mega centro commerciale e dirgli: ok, ora mi vai a comprare una camicia azzurra, taglia M. Anzi, fendi la marea e mi vai a comprare quelle sneaker con i contorni gialli.

giovedì 1 gennaio 2009

la chiavetta della vita

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MAURO EVANGELISTI
E’ quasi fatta. Anche questo primo decennio del 2000 ce lo siamo giocati. Altri 365 giorni e festeggeremo l’inizio dei fantastici anni Dieci. Questo primo decennio ci aveva fulminato – appena partito – con le immagini dei due aerei che si schiantavano sulle Torri gemelle e su un mondo che appariva immutabile. Ma come li ricorderemo questi anni? Gli anni Zero? Suona male, fa tanto trasmisisone di Santoro. E’ un decennio non definibile. Li ricorderemo come gli anni dei jeans a vita bassa, del terzo scudetto della Roma, dellaJuventus in serie B, di Cannavaro che alza la Coppa, delle Sere nere diTiziano Ferro, dei Grandi fratelli, della cocaina e delle pasticche prodotto di massa? E’ un decennio cominciato con la paura – il terrorismo, la guerra-, che si conclude con la paura – il terrorismo, la guerra, la crisi globale – ma anche con la speranza offerta da un simbolo, un uomo di colore alla guida della grande potenza. E’ un decennio in cui, come da contratto con la vita, ognuno di noi ha seminato esperienze importanti: si è sposato, ha divorziato, ha avuto dei figli, ha trovato un lavoro, si è innamorato, ha tradito, è scappato, è ritornato. Altro che anni Zero. Abbiamo 365 giorni per capire cosa resterà di questi anni Zero, tanto fra un po’ sarà già Pasqua, parleremo delle città che non si svuotano più ad agosto, discuteremo sui nuovi acquisti della Roma e della Lazio, di come fa freddo nell’inverno 2009. E sarà già 2010. Vrooom. Anche il tempo è più veloce, come una connessione Adsl. Nel decennio a cui sta per scadere il mandato abbiamo anche imparato a chiudere tutte le nostre vite – la musica, i filmati, le foto, le parole, i ricordi – in piccole protesi. Un lettore Mp3, la memory card di un telefonino, l’hard disk esterno, il link di un blog o l’album di Facebook. E la chiavetta. Ecco, in questo decennio abbiamo imparato a salvare le nostre vite in una chiavetta, magari da appendere al collo come un ciondolo, per sentirci più sicuri. Sì, tutte le nostre vite – tutti i nostri anni Zero – salvate in una chiavetta. Per fortuna, c’è ancora spazio.

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