giovedì 28 gennaio 2010

juventus rebelde

copia e incolla da ilmessaggero.it

di Mauro Evangelisti
Magari avrebbero voluto fare le primarie pure alla Juventus. Nel lungo addio - lunghissimo, stiamo per decidere, ancora un momento - a Ciro Ferrara, c’è una viscerale predisposizione al caos tanto simile a quella vista in questi giorni nel Partito democratico che doveva scegliere i candidati alle regionali.

Con il Lazio che metteva in scena preciso preciso il celebre sketch di Corrado Guzzanti-Veltroni alla ricerca del candidato premier (quello di “lo dico per tutti i compagni della mozione Amedeo Nazzari... Amedeo Nazzari è morto!”) per poi aggrapparsi al salvagente dei radicali e con il gioco dell’oca ubriaco della Puglia, dove si è tornati alla casella di partenza al termine di numerose sedute di masochismo spinto.

Ecco, la Juventus sta marciando con lo stesso navigatore impazzito, si perde anche per la svolta più semplice, fatta in quattro e quattr’otto da altre squadre (e con ottimi risultati vedi Roma, Napoli e Palermo). Con quella luciferina formula del traghettatore, un allenatore che chissà con quanto entusiasmo e autorevolezza dovrebbe accettare di venire a gestire il locale per qualche mese. Traghettatore: ecco, bisogna vedere traghettatore verso cosa, dicono spaventati i tifosi juventini (compreso chi scrive

giovedì 14 gennaio 2010

il dolore di haiti

copia e incolla da ilmessaggero.it

MAURO EVANGELISTI
Era il 1974. Per chi oggi ha superato da poco i quaranta sono i primi mondiali impressi nella memoria. A Monaco Italia-Haiti 3-1, c’era Chinaglia, abbiamo in mente le belle parate del portiere Francillon, la festa degli haitiani quando fecero gol a Zoff. Ecco, per alcuni di noi quella è stata la prima volta in cui abbiamo sentito pronunciare la parola Haiti. Negli anni più recenti, non ci sono stati più sorrisi, abbiamo imparato a conoscere Haiti per i suoi problemi e per le sue tragedie: l’instabilità politica, la criminalità, i disordini, le dimissioni di Aristide, gli uragani, il paradosso di un’isola che da una parte - Santo Domingo - è un paradiso del turismo (pur con mille contraddizioni), dall’altra è una serie di inferni. Oggi le immagini di Haiti sono quelle dell’ennesima apocalisse, di una macchina delle calamità che ci vede benissimo quando si tratta di attaccare questa terra sfortunata, di un sisma che ha colpito e ucciso un numero ancora incalcolabile di persone. E’ una catastrofe che non ha risparmiato neppure chi, per lavoro o per generosità, era andato coraggiosamente ad aiutare quel popolo.

venerdì 8 gennaio 2010

avatar, la nuova dimensione

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MAURO EVANGELISTI
Sarà perché in fondo tutti vorremmo avere un avatar, una seconda vita
parallela nel quale giocarci una seconda chance. In un mondo virtuale che
spesso diviene più reale di quello reale. Anzi: molti ce l’hanno davvero,
un avatar, che vive le parti migliori delle loro vite, magari in un paese
lontano dove ogni tanto fuggono. O dove magari un giorno si ritrovano ad
aprire un ristorante sulla spiaggia. Ma molto più realisticamente, il
successo fulminante, per quanto prevedibile, del film di Cameron ”Avatar”
racconta qualcosa che va oltre alla semplice operazione macinasoldi
hollywoodiana. In Italia - tanto per cambiare - arriverà in ritardo,
sabato ci sarà un’anteprima all’Auditorium di Roma e il 15 sarà in tutte
le sale. Ma nel resto del mondo ”Avatar” in pochi giorni è divenuto il
film che in meno tempo ha raggiunto il miliardo di dollari di incassi ed è
destinato a superare ”Titanic”, non a caso altra macchina macinasoldi di
Cameron. La ragione della forza dirompente di ”Avatar” è semplice: è
qualcosa che non si era mai visto. Non è certo il primo film in 3d, ma è
quello che è andato oltre, come quando dal bianco e nero si è passati al
colore hanno detto in molti, perché la qualità dirompente delle immagini,
il realismo dell’irreale mondo costruito da scenari psichedelici e
multicolori a metà fra il fantasy e la fantascienza, lo stato di
alterazione dela mente dello spettatore che si ritrova avvvolto dallo
schermo, vanno oltre. Parlare di semplici effetti speciali sarebbe
riduttivo. La trama, comunque coinvolgente, è importante ma non è la
rivoluzione del film. Se ”Avatar” indica il futuro - certo, fra dieci anni
probabilmente non ci sembrerà poi tanto avveniristico - allora sarà
inevitabile la riscossa della visione del film come rito collettivo. Per
quanto sofisticati, gli home theatre casalinghi non potranno mai
riproporre le sensazioni di un film 3d come Avatar visto in sala. E anche
scaricarsi Avatar su Emule sarebbe una goffa fatica, perché questo è un
film che va visto con gli occhialini e il naso all’insù.

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