martedì 28 settembre 2010

johnny nuovo, ottima recensione da libriconsigliati

copia e incolla da libriconsigliati.it


Johnny Nuovo, di Mauro Evangelisti
Una vecchia sedia impolverata, un muro di cemento ingrigito, chiaroscuro imperante, vuoto. Manca un oggetto, una persona, un elemento che dia motivazione e “concretezza” a quella sedia. Questa l’immagine di copertina del primo romanzo di Mauro Evangelisti, fresco vincitore del premio Carver 2010. Una scelta grafica che fa presagire una storia buia e inquietante. La solitudine e l’abbandono, o meglio la solitudine per l’abbandono, è il tema portante del libro e la causa scatenante degli imprevedibili eventi che si susseguono nell’arco di centoundici pagine. Uno spazio breve e concentratissimo in cui si muovono personaggi solo apparentemente distanti.

Dopo la scomparsa della madre, uccisa dal marito perché sorpresa a letto con un altro, e la fuga della moglie, annoiata da una vita troppo regolare per una ventiduenne, K decide di cambiare radicalmente il corso della sua esistenza. Vagando da una nazione all’altra, il più lontano possibile da casa sua, K comincia a nutrire un terrificante desiderio: plasmare la mente di un essere umano. Come un macabro Grande fratello, per 18 anni K osserva in modo maniacale le reazioni del neonato che ha rapito e che tiene rinchiuso in un bunker di cemento grande quanto un campo di calcio. Un ambiente asettico, lontano dalle influenze esterne, il tutto finalizzato a “garantire” al piccolo protezione dal mondo.

Peccato che la gente normale la pensi diversamente : la pm Francesca Rapisarda, che mentre interroga K riflette sulla sua giovinezza svanita e cerca conferma della sua bellezza attraverso il tradimento; Alberto, l’uomo che ha visto crescere K e gli nasconde la natura uxoricida di suo padre; Beatrice che ha messo fine al suo matrimonio con K ma continua ad amarlo, in solitudine; gli psicologi che danno un’identità al ragazzo rapito, Johnny Nuovo, ma che nei suoi riguardi hanno lo stesso vigile e studioso atteggiamento del rapitore.
K si erge alla figura di supereroe, che salva un essere umano dalle brutture del mondo, e appare emblematica la scelta di una lettera come nome, K, proprio come avviene per certi protagonisti del mondo del fumetto (anche se il pensiero non può, al contempo, non andare al K., protagonista de Il castello di Franz Kafka). Riacquistata la libertà, Johnny non nutrirà rancore nei confronti del suo rapitore, anzi si ritroverà a pensare a lui con nostalgia, riconoscente, perché per diciotto anni proprio K ha fatto sì che Johnny crescesse in un mondo semplice e lineare, immune al triste concetto di morte.

Prigione e libertà, giusto e sbagliato. Tutto si confonde nella mente del lettore che si interroga costantemente sui gesti e i pensieri dei protagonisti. La narrazione è scandita da ritmi serrati, da frasi brevi o spezzate da fitta punteggiatura che tengono alta la tensione nel lettore, continuamente chiamato non solo a seguire le fila delle storie che si intrecciano, ma anche a passare da un piano temporale all’altro. Passato, presente e futuro, nessuno escluso.

Maria Grazia Piemontese per Libri Consigliati

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