mercoledì 27 maggio 2015

i corti che escono su move magazine 29/ bailando

copia e incolla da move magazine

di Mauro Evangelisti

Bailando

L’idea era stata di Sandro ma questo Andrea alla madre non l’aveva detto, lo avrebbe accusato di lasciarsi sempre convincere dagli altri quando c’era da fare una sciocchezza. «In Thailandia? Ma stiamo scherzando. Con tutte le guerre che ci sono per il mondo, il terrorismo, gli aerei che cadono, tu dove pensi di andare a 20 anni? Non se ne parla». Andrea era diventato rosso in volto, ma molto rosso, come sempre succedeva quando litigava con la madre. Era l’effetto di uno scontro che divampava dentro: una parte di lui avrebbe voluto rassicurare la madre, dirle che aveva ragione, che non sarebbe andato, che non l’avrebbe fatta soffrire, che per tanti anni erano stati solo lui e lei, visto che il padre era come se non esistesse; ma era anche furioso perché si sentiva legato indissolubilmente alla madre, avvertiva che non si sarebbe mai liberato e invece voleva correre, anche se non sapeva dove. Un tempo la prima parte di lui vinceva quasi sempre, ora l’equilibrio stava cambiando. «Io vado – disse con una determinazione nuova che spaventò e rattristò la madre – i soldi non me li devi dare tu, vado a lavorare per un po’ prima dell’Università». Alla fine erano stati i genitori di Sandro, che da sempre viaggiavano in ogni spicchio del mondo con il figlio, a rassicurarla: «Sono due ragazzi con la testa sulle spalle. Sono posti sicuri, stia tranquilla, ci siamo stati tante volte. E poi esistono i telefoni, Skype… vedrà, Andrea lo sentirà tutti i giorni. Ma è giusto che imparino a viaggiare da soli». La madre di Andrea sapeva che avevano ragione, ma faticò a tranquillizzarsi. Non consentì al figlio di andare a lavorare, fu lei a dargli i soldi. Andrea ringraziò con un grugnito, umiliato per quell’azione di supporto dei genitori di Sandro. All’aeroporto era rimasto immobile nell’accogliere il suo abbraccio, mentre il padre di Sandro gli aveva mollato uno scappellotto pure a lui, scherzando «non più di tre birre al giorno». In aereo Sandro lo aveva rimproverato: «Certo che potevi essere un po’ più gentile con tua madre. Non ti vedrà per due settimane». «Mi sono rotto. Come se avessi ancora 8 anni… Non potrò restare con lei per sempre». «E dai, sei il suo unico figlio, è normale». «Guarda, appena posso vado a vivere da solo». «Sì, vabbè…».
Durante la vacanza non ne avevano più parlato, c’erano troppe esperienze da fare, vicoli e stradoni di Bangkok da percorrere come padroni del mondo, tenendo dentro il timore di un luogo sconosciuto: odori strani, il caldo che ti picchia, le urla in una lingua strana, i cocktail nuovi da provare, le discoteche in cui conoscere ragazze australiane, la Lonely Planet da studiare, per decidere la prossima tappa, tra Krabi e Phuket. Optarono per la spiaggia di Ao Nang, a Krabi, e per una settimana erano state altre birre, escursioni in barca da una isoletta all’altra. «Potrei restare qui per sempre» disse un giorno Andrea steso in spiaggia, vicino un libro di Stephen King. Gli unici momenti di tensione c’erano attorno alle 2 del pomeriggio, per la ricerca di una rete wi-fi decente perché Andrea potesse collegarsi a Skype e telefonare alla madre. La linea era disturbata, lei non sentiva, lui si innervosiva, ripeteva «qui va tutto bene», ma era infastidito perché era come se tutta la giornata della madre ruotasse intorno a quella telefonata. «Ma perché non si accontenta di WhatsApp come i tuoi genitori?» si lamentava con Sandro.
La penultima sera l’amico vomitò a causa di una sbornia e restò in hotel. «Tu vai, tranquillo». Andrea ormai sapeva dove trovare i locali migliori, dove c’era la musica dal vivo o un biliardo per sfidare qualche thai. Si fermò al Chang, un bar dove si ballava, vide una ragazza thailandese che tutte le mattine gli preparava il caffè allo Starbucks, le offrì uno shot di tequila, e ancora birra e poi birra. Il suo sorriso gli era piaciuto sin dal «here or take away?» del primo giorno. Tutto perfetto, poi il dj mise una vecchia canzone di Enrique Iglesias, Bailando. Tutti iniziarono a dimenarsi, lui invece sentì, improvvise, affiorare le lacrime. Era la canzone preferita di sua madre, ricordò quel rituale di lei che ascoltava per caso brani nuovi e gli chiedeva di scaricare gli mp3 sul tablet; «sei proprio una palla» le diceva lui, ma in fondo gli faceva piacere. Bailando era la canzone che la rendeva più allegra, la metteva a tutto volume, a volte la ballavano insieme. Chiese la password per il wi-fi a un cameriere, provò a collegarsi su Skype per chiamarla, ma la rete era scadente. La thailandese lo vide in lacrime, come un bambino. «Sei sbronzo?». Sì, un po’ era sbronzo, altrimenti non le avrebbe confidato: «Vorrei telefonare a mia madre ma Skype non funziona e non ho credito nel telefono». Lei gli allungò il suo telefonino. «Usa il mio, tranquillo, poi mi offri una birra». La madre si preoccupò quando vide apparire quel numero sconosciuto, fu però felice di sentire Andrea che le spiegava che stava bene, che la vacanza era finita, che stava per tornare, che lì era tutto bellissimo, che sentiva la sua mancanza.

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