giovedì 21 maggio 2009

noi ragazzi di oggi

copia e incolla da ilmessaggero.it
MAURO EVANGELISTI
Il video dell’ultimo successo di Eros Ramazzotti, “Parla con me”, mostra
la vita quotidiana di una grande città. In presa diretta s’inquadrano i
suoi abitanti che non parlano fra di loro, ma comunicano con messaggi
inviati con i cellulari o con i laptop. Ciò che scrivono, nel video,
banalità o rivelazioni importanti, viene mostrato in sovrimpressione, così
inseguiamo i loro pensieri rinchiusi in un breve messaggio. Un po’ come
succedeva trent’anni prima nel capolavoro di Wenders, Il cielo sopra
Berlino, in cui gli angeli ascoltavano i pensieri e le sofferenze delle
persone. Certo, quello di Ramazzotti è solo un video musicale, per quanto
ben riuscito. Però racconta la mutazione quasi genetica che sta avvenendo
in ognuno di noi: sempre più isolati in apparenza, sempre più al centro
della piazza nella realtà. Se siamo in treno o in attesa in un aeroporto,
su un bus o alle Poste spesso evitiamo di parlare con gli sconosciuti che
sono vicino a noi, non socializziamo così spesso come si sarebbe fatto un
tempo. Ci rifugiamo sul terminale-protesi, che sia un cellulare, uno
smartphone, un computer di piccole dimensioni. Ci isoliamo per continuare
a frequentare la nostra piazza, il nostro bar virtuale in cui ci sentiamo
più a nostro agio: può essere la rete dei nostri contatti a cui inviamo
sms con le prime cose che ci passano per la mente (”ma quanto caldo fa
oggi?”) o per comunicare svolte importanti della nostra vita (”questa
volta faccio sul serio, la lascio per sempre, tu che ne pensi?”); può
essere Facebook, Twitter, possono essere le antiquate mail o un intervento
su un forum. Aggrappati all’adsl, agli sms, all’umts, inseguendo una rete
wi-fi disponibile nella hall di un albergo di Tunisi piuttosto che in uno
Starbucks a Pechino non ci allontaniamo dal nostro “non luogo” preferito,
con i nostri amici, i nostri colleghi, la nostra rete, la nostra vita.
Comunichiamo molto più di prima, se ci viene in mente qualcosa subito
parte l’sms o l’intervento sulla bacheca di Facebook. Crolla lo scenario
che un tempo descriveva la tecnologia come un futuro di solitudine,
tristemente ancorati dietro a un computer. Non è così: comunichiamo e
socializziamo molto più un tempo, anche se spesso non lo facciamo con chi
è seduto al nostro fianco. Ma siamo anche travolti e ubriacati dal flusso
dei messaggi che riceviamo. E quasi, a un certo punto, desideriamo restare
soli, senza linea, senza messaggi. Passa subito: ben presto afferiamo il
nuovo telefonino e proviamo a cercare se in questa maledetta spiaggia alla
fine del mondo c’è il segnale 3g o almeno uno straccio di rete wi-fi. “Ma
quanto caldo fa oggi?”

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