sabato 16 aprile 2011

Microspie alla Regione Lazio, il giallo delle date

Due  delle tre microspie trovate in Regione erano state installate regolarmente per un’indagine della procura di Velletri sui rifiuti. Eppure, questa conclusione non ha chiuso il giallo. Anzi. Fra qualche giorno alla procura di Roma sarà consegnata la relazione dei consulenti. Ci sono ancora molti punti interrogativi. Che lampeggiano se vai a incrociare le date di questo pasticciaccio. Partiamo da un elemento: venerdì 8 aprile la presidente della Regione, Renata Polverini, viene ascoltata dalla procura di Velletri come persona informata sui fatti per l’inchiesta sui rifiuti. Il giorno dopo in Regione inizia la bonifica di tutti gli uffici, disposta dal segretario generale per verificare se vi fossero delle microspie. Il primo giorno si passano al setaccio diversi assessorati, a partire da quello alla sanità, ma non emerge nulla. Il secondo giorno, e siamo a domenica 10 aprile, viene trovata la prima microspia nella segreteria dell’assessorato ai Rifiuti. A quel punto la società incaricata intensifica i controlli e trova gli altri due impianti, uno dei quali è proprio nell’ufficio della Presidenza della Regione. Qualche ora dopo la Polverini scrive al prefetto, per informarlo, mentre i suoi collaboratori chiamano la procura della Repubblica di Roma. C’è urgenza di rimuoverle, perché la Polverini ha alcuni appuntamenti pubblici in programma e non può lavorare con una microspia in ufficio. Così, i tecnici della Regione decidono la rimozione, ma soprattutto lunedì pomeriggio la Polverini fa la conferenza stampa in cui denuncia, pubblicamente, il ritrovamento di «tre misteriose microspie». Tutto chiaro? Venerdì va in procura e viene a sapere che c’è un’inchiesta sui rifiuti (lei non è indagata, lo sono due dirigenti); sabato inizia la bonifica, domenica, vengono trovate le microspie; lunedì la denuncia pubblica del ritrovamento. Domanda: come mai la bonifica è stata fatta proprio il giorno successivo al passaggio in Procura? In Regione assicurano che è stato solo un caso: in realtà quell’operazione era stata decisa da tempo, da quando erano emerse le anomalie dei badge anonimi che consentivano di entrare nel Palazzo e dopo che erano state constatate numerose fughe di notizie. Altra domanda: se la Polverini e il suo staff, dopo l’incontro con il magistrato alla procura di Velletri di venerdì 8 aprile, sapevano che c’era un’inchiesta in corso, perché lunedì 11 aprile hanno convocato una conferenza stampa e dichiarato che erano state trovate tre microspie misteriose? Non sarebbe stato naturale pensare subito che quelle microspie erano state messe dalla procura di Velletri (una era proprio nell’area dell’assessorato ai Rifiuti) invece che ipotizzare servizi deviati e teoremi vari? In Regione sostengono che nessuno aveva pensato alla procura di Velletri: più che a un’inchiesta, l’interesse dei giudici faceva pensare ad accertamenti ordinari, quindi nessuno aveva fatto 1 più 1 con le microspie. E comunque resta la domanda ancora senza risposta: l’impianto trovato nell’ufficio della Polverini - in una intercapedine che lo divide da quello della segretaria - chi l’ha messo? Era lì già dai tempi di Marrazzo?

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