giovedì 9 dicembre 2010

roma, parentopoli e i figli di

copia e incolla da ilmessaggero.it

di Mauro Evangelisti
«Come funziona? 45 per cento al Pdl, 20 per cento ai sindacati, un po’ anche all’opposizione... E’ normale. Come pensate che facesse chi c’era prima?».

Magari non è vero niente. Non è vero che vi siano le fette della torta decise a tavolino per le assunzioni a chiamata diretta; magari è solo una sparata a tavola dopo un bicchiere di vino; magari sono solo coincidenze che fra gli assunti a chiamata diretta dell’Atac, ma anche dell’Ama, vi siano tanti cognomi conosciuti, tante segretarie di, tante fidanzate di, tanti parenti di (meglio non usare la formula figlio di). Vero, forse nel calderone spesso si mette anche chi non c’entra, chi un posto di lavoro lo aveva anche prima dei mutati equilibri politici, chi in fondo è un minuscolo privilegiato da 1.200 euro al mese. Però la storia della parentopoli delle municipalizzate romane una lezione la offre e vale oltre qualsiasi colore politico: ogni rivoluzione, ogni rinnovamento, ogni grande cambiamento si ferma sempre quando si arriva alla casella dei posti di lavoro da distribuire, del logoro tengo famiglia (o anche moglie, amante, fidanzata).

«Forse con amanti e parenti si è esagerato, ma comunque è normale che cerchi di aiutare chi ti ha aiutato in campagna elettorale». Normale? E chi non ha mai avuto legami politici nè a destra nè a sinistra deve adattarsi alla disoccupazione? Ma soprattutto: se i bilanci fossero splendenti, vabbè, si potrebbe pure accettare, ma il problema è che con il «così fan tutti» i bilanci sono uno sprofondo rosso pauroso, gli autobus non sono un esempio di efficienza scandinava e il cittadino senza santi né in paradiso né in sezione si attacca al tram.

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