domenica 23 maggio 2010

johnny nuovo/la recensione 3. da noiroma.it

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Il Ragazzo che non conosceva il Mondo

di Clio Pedone

Un esperimento. Soltanto un eccentrico esperimento. Proteggere dal mondo isolando da esso; la vita è infelicità e l’unico modo per viverla senza soffrire è esorcizzare i sentimenti. Già, perché sono le emozioni, e l’incontrollabilità che da esse deriva, a provocare ansia, paura, incertezza ed angoscia.

Un uomo perfetto, una vita perfetta e una moglie perfetta ad un tratto diventano un omicida, una lotta per negare la propria esistenza e una donna in fuga. K perde l’identità assieme al nome e si lancia in una folle impresa: plasmare un essere umano secondo i propri dettami.

Forse ispirato dalle teorie evoluzioniste di Lamarck sullo sviluppo delle peculiarità in base alle pressioni delle condizioni esterne, K decide di creare un “suo” bambino, in un mondo asettico e incontaminato, che sia pronto a reagire esclusivamente ai suoi impulsi.

Non un mostro, bensì un essere nuovo, immune alle sofferenze della vita. “Avrebbe pianto, normale, ma prima o poi avrebbe smesso. Avrebbe rifiutato il cibo, forse, all’inizio, ma prima o poi avrebbe cominciato a mangiare. Si sarebbe adattato al nuovo ambiente?”

Francesca è un PM, una donna cinica che vive soltanto per la realizzazione dei propri obiettivi, dimenticando il lato sensibile dell’esistenza e riducendo qualsiasi rapporto ad un banalissimo momento. Ma la sua prodigiosa vita professionale è destinata a scontrarsi con quella sentimentale arida e in affettiva, e da quel momento la seconda procederà a ritroso. Francesca vive la sua adolescenza in una mente di donna, soffoca le sue emozioni perché ha paura del flusso e del riflusso dell’esistenza.

Alberto è un giornalista, un uomo moralmente ineccepibile, che decide di anteporre alla coscienza il bene altrui. Pagherà questa scelta portandone il peso per tutta la vita e trovandosi ineluttabilmente coinvolto, sia da spettatore che da attore, nelle torbide vicende legate al suo passato. Il mondo non c’è più, o potrebbe non esserci più. Questo il leitmotiv del romanzo, l’increscioso interrogativo che spinge, seppur con differenti declinazioni, tutti i personaggi ad agire. Johnny Nuovo è il prodotto dell’esperimento, lo strumento di riflessione di Francesca, il senso di serenità di Alberto. Eppure, la cavia non ha dubbi: “È stato triste. Sì, molto triste. Ancora oggi mi chiedo se non sarebbe stato meglio vivere senza conoscere il concetto della morte”.

Centoundici pagine scorrevoli ed essenziali, che inducono il lettore ad una profonda speculazione sull’essenza dell’esistenza. Il lieto fine è l’illusione degli umani, Mauro Evangelisti dimostra che niente è come sembra, ché l’essere umano è cosa ben più complessa di una macchina. Imporsi una vita, imporsi un’etica, imporsi un’ideologia, imporsi nel mondo solo soltanto strazianti tentativi per sopravvivere. La vita è meglio viverla o lasciare che ci viva? L’ossimoro onnipresente che spiega una realtà che non possiede nome.

Il romanzo si presenta con un noir a tinte fosche, un avvincente thriller psicologico in cui il tempo del presente non coincide mai col tempo della storia, in cui flash back e pensieri si fondono in un unicum. E la morale, il senso del libro Evangelisti lo lascia al lettore, che si troverà ancora una volta, o per la prima volta, di fonte ad un bivio fatale.

Di Mauro Evangelisti

Carta Canta Editore, Forlì 2010

13 euro

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