venerdì 7 febbraio 2014

Su Twitter e Facebook va' dove ti porta il rancore

copia e incolla da il messaggero

di Mauro Evangelisti

Twitter, Facebook: c'era un tempo in cui i social network servivano anche a diffondere notizie utili in caso di eventi imprevisti ed emergenze. Ora tutto questo viene oscurato - e in una città dai nervi tesi come Roma è ancora più evidente - dalla corsa a dissacrare, accusare, replicare alle accuse, ridicolizzare, lamentarsi o sbeffeggiare. Tutto bene, se non fosse che a volte viene da pensare che se fossimo passeggeri del Titanic piuttosto che correre alle scialuppe, aiutando chi è in difficoltà, saremmo molto più concentrati nella ricerca dell'hashtag più fantasioso per ridicolizzare il capitano imbranato. Ogni tanto un ex assessore comunale, Gianluigi De Palo, rimbrotta su Twitter i suoi successori in difficoltà che quando stavano all'opposizione sentenziavano allegramente: «Vedete quanto sia più facile fare un comunicato e quanto sia più difficile governare?». Non ha tutti i torti, anche se è una ruota che gira, e lo stesso varrebbe a parti invertite. Il problema vero - a Roma è lampante - è che i social network sono davvero dei grandi bar virtuali, dove non di rado  prevale la voce di chi la spara più grossa, anche se magari ha alzato il gomito e dice delle castronerie. Un post o un tweet corrosivo ci illude di essere fighi, ci autoassolve e soprattutto alimenta la sicurezza che la colpa è sempre di qualcun altro. Fateci caso: andate su Facebook (al netto di frasi melense e video sull'anniversario dei dieci anni) e su Twitter. Contate quanti post o tweet sono in negativo, astiosi o ridicolizzanti.  La maggioranza, no?

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