mercoledì 19 novembre 2014

i corti che escono su move magazine 19/ prima della battaglia

 di Mauro Evangelisti

Prima della battaglia


Mio amato, ti ho chiesto di portare con te questa lettera in battaglia e di leggerla poco prima che il sangue cominci a scorrere perché spero possa darti incandescente forza che si vada ad aggiungere al tuo coraggio senza fine. Mi illudo che il mio amore, che sarebbe stato altrettanto solido in tempo di pace, alimenti un significato ancora più profondo a una battaglia tanto decisiva che tu e gli altri difensori del nostro popolo vi accingete a combattere. Sappiamo tutti quanto la situazione sia disperata e solo il vostro valore potrà evitare che il nostro popolo sia condannato alla schiavitù, annientato, perfino cancellato dalla storia. Vorrei essere lì al tuo fianco, tenerti la mano, asciugare il tuo sudore, fermare il tuo sangue che spero non debba mai sgorgare. Il mio amore non ti abbandonerà mai. Anche le ragioni più nobili e profonde, la sopravvivenza stessa di un'intera popolazione, in un uomo che combatte devono essere affiancate dalla consapevolezza che c'è un sentimento distinto da tutti gli altri alla base di tutto, del vivere o morire. Quel sentimento è l'amore che io provo per te e per i figli che, spero, un giorno potrò darti. Tua per sempre, Alma.

Cara Alma, ormai sentiamo l'odore stesso dei nostri nemici, le urla, le promesse di morte, gli insulti, da un esercito scomposto e selvaggio, ma pur sempre triplo del nostro. Noi siamo un popolo pacifico, costretto a combattere e morire per difendersi. Ma mai dolore sarà insopportabile con il tuo amore al mio fianco, il desiderio di rivederti, difenderti, salvarti. Scrivo queste poche righe dopo aver letto la tua lettera e lascerò questo pezzo di carta sotto una pietra. Se sopravviverò tornerò a prenderla e te la consegnerò. Se morirò, queste parole non moriranno con me.

Amore mio, tutto è perduto. Tu sei morto, nel campo di battaglia in cui è stata scritta la fine del nostro popolo. Fino all'ultimo uomo avete combattuto e siete morti, non vedrò neppure il tuo cadavere. Ti è stato risparmiato l'orrore di ciò che è successo dopo la sconfitta. Il nemico ha invaso la nostra città, ha bruciato le case, ha fatto a pezzi i nostri vecchi e i nostri bambini. E poi, ubriachi, ci hanno violentate per giorni. Molte di noi sono morte, a me Dio ha negato questo unico sollievo e vivo nella più umiliante delle schiavitù. Condannata a servire il nemico che ha distrutto il nostro popolo e che ti ha ucciso. Io ti amerò per sempre, fino a quando morirò e potrò rivederti, oltre i confini di questa vita. Scrivo questa lettera nella mia mente, nessuno la leggerà, ma è sorgente di forza. Come se servisse ancora a qualcosa, la forza.

Cara Alma, sono trascorsi trent'anni dalla battaglia in cui il mio popolo trovò la fine. Quel giorno, dopo la prima offensiva del nemico, sono fuggito. Ho avuto paura, non avevamo speranze e non volevo morire. Colpito da una spada ho visto il mio sangue e intuito che il prossimo nemico mi avrebbe tagliato la testa. Sono corso via e ancora mi seguono gli sguardi dei miei commilitoni. Sanguinante, ho scalato la montagna, allontanandomi dalla battaglia, dalla nostra terra e dalla mia dignità. Ho mangiato radici e insetti e ogni volta che ritrovavo le forze riprendevo a correre. Lontano, con il terrore di incrociare il nemico. No, non pensavo a te, Alma, per quanto ti amassi e ti ami ancora, provavo troppa vergogna. Pensavo a sopravvivere. Poi la vista si è offuscata e sono caduto in una palude pensando fosse la morte. Mi sono risvegliato in una branda, con terrore ho creduto di essere stato fatto prigioniero, con altrettanto terrore ho temuto che invece fossi stato salvato dal mio popolo, che avessimo vinto la battaglia e che mi sarei stato ricordato per sempre come colui che è fuggito. Non era vera alcuna delle due ipotesi. Ero finito nel territorio del popolo dello stagno, neutrale. Una coppia di anziani mi ha curato, guarito, accudito, senza domande. Mi ha accettato come un figlio. La mia vita è ricominciata lì, ho imparato lingua e usi differenti. Ho conosciuto la figlia della guida del popolo dello stagno, ci siamo innamorati e ci siamo sposati. Abbiamo avuto tre figlie, vissuto nell'abbondanza. Sono felice. E non sono mai venuto a cercarti, Alma, anche se mi hanno raccontato che vivevi schiava nella città del nemico. Oggi sono tornato sul campo di battaglia, per la prima volta dopo trent'anni. Ho ritrovato la pietra dove avevo lasciato la lettera che ti scrissi, l'ho strappata e dispersa nel vento. So di non meritare la felicità che la vita mi ha dato, vince l'ingiustizia. Ogni volta che guardo gli occhi delle mie figlie penso che sono il mio bene più grande e non sarebbero mai nate senza la mia fuga. In quest'ultima lettera, che scrivo per me e che tu non leggerai mai, posso solo concludere con certezza: ti amavo, nonostante la mia vigliaccheria. Ti amo ancora.


I primi 19 "Corti di Kappa" pubblicati da Move Magazine sono stati raccolti in un libro dal titolo "Reato di solitudine". Potete scaricarlo come eBook su www.amazon.it digitando nella ricerca il nome dell'autore "Mauro Evangelisti" o il titolo "Reato di solitudine".

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