domenica 3 ottobre 2010

libriconsigliati.it, intervista su johnny nuovo

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Premio Carver 2010: vince Johnny Nuovo, di Mauro Evangelisti.

Dopo aver ricevuto in lettura e recensito il romanzo vincitore del premio Carver 2010, Johnny Nuovo – Il ragazzo che non conosceva il mondo, abbiamo intervistato il bravo Mauro Evangelisti, scrittore e giornalista de Il Messaggero. Di seguito, l’intervista in esclusiva per i lettori di Libri Consigliati.
Intervista di Maria Grazia Piemontese


Piemontese Stile da reportage, storia di cronaca e sviluppo romanzesco: un mix che ti ha reso vincitore del premio Carver 2010. Come ti trovi in questa “nuova veste”?

Evangelisti Si tratta del mio primo romanzo. Avevo pubblicato altri libri, ma si trattava di saggi e libri di viaggio. Scrivere un romanzo è, dico la verità, molto più complicato. Ma è anche una bella sfida: devi partire da un punto A e arrivare a un punto B, costruendo una storia che abbia una logica, uno sviluppo, dei colpi di scena; e soprattutto devi convincere il lettore a seguirti. Non è affatto semplice, ma è molto interessante. Soprattutto è stimolante ascoltare i commenti di chi ha letto i libri, interpretazioni a volte molto belle e centrate ma che vanno oltre il significato che tu volevi dare.

Piemontese È difficile definire nettamente la natura dei protagonisti di Johnny Nuovo: buono-cattivo, giusto-sbagliato non sono categorizzazioni facilmente applicabili. Ritieni questo sia un punto di forza del tuo romanzo?

Evangelisti Penso proprio di sì. Qualcuno ha osservato che i personaggi del mio libro sono quasi tutti negativi. Non sono d’accordo. Concordo invece con la tua analisi. Ho lasciato tutti i personaggi in un territorio di confine, senza dare giudizi, e concedendo al lettore il diritto all’interpretazione finale. È molto interessante, fra l’altro, constatare come da lettori diversi spesso arrivino giudizi molto distanti sullo stesso personaggio.

Piemontese Leggendo il tuo romanzo risulta immediato il richiamo a fatti di cronaca piuttosto recenti (primo fra tutti il caso del padre-padrone austriaco Josef Fritzl). Quanto hai attinto alla realtà e quanto nasce dalla tua fantasia.

Evangelisti Capisco che leggendo ”Johnny Nuovo” uno pensa alla storia di Josef Fritzl, ma anche a quella simile di Natasha la ragazza austriaca prigioniera in una casa. Beh, sembra incredibile, ma ”Johnny Nuovo” in realtà è stato scritto prima, 8-9 anni fa anche se sono riuscito a pubblicarlo solo nel 2010. Dunque, possiamo davvero dire che la realtà ha imitato la fantasia, anche se in realtà ”Johnny Nuovo” ha una storia più estrema, in cui il bambino-ragazzo prigioniero non conosce per nulla il mondo esterno, non ne conosce la sua esistenza.

Piemontese Il protagonista ha un nome piuttosto singolare ed evocativo: K. Il riferimento a Kafka non può essere casuale.

Evangelisti La spiegazione della scelta del nome K è molto banale, forse un po’ deludente: quando ho cominciato a scrivere non sapevo come chiamare il personaggio. Così l’ho chiamato K per poi decidere in seguito il nome. A romanzo concluso mi sono accorto che funionava così e non l’ho cambiato. Oltre che a Kafka, c’è stato chi ha pensato che fosse un riferimento al bellissimo libro ”Trilogia della città di K” (Agota Kristof, N.d.R.), ma anche in questo caso non era vero.

Piemontese K osserva senza sosta il bambino rapito, gli psicologi studiano ogni sua mossa, dopo l’avvenuta liberazione Johnny vuole rivedere K davanti alle telecamere e acquista i diritti della sua biografia. Semplice costruzione narrativa o aperta critica ai reality show?

Evangelisti Osservazione giustissima. Teniamo conto che quando ho scritto questo romanzo erano i primi anni in cui in Italia era arrivata la trasmissione ”Grande fratello”. Oggi i reality sono qualcosa di scontato e noioso, ma in quegli anni erano davvero qualcosa di nuovo. In generale, poi, ormai siamo tutti osservati, spiati, intercettati, controllati da telecamere di sorveglianza: quello che succede a Johnny, in fondo, ora succede a tutti noi.

Piemontese Leggendo il tuo romanzo, più che dalla crudeltà sono stata colpita dalla ferma volontà che ha K di crescere Johnny come un individuo forte e totalmente autonomo, in modo da permettergli di non dover mai dipendere da nessuno e sfuggire così a dolori e delusioni. Hai lasciato al lettore, in definitiva, il compito di identificare K con un mostro o con un uomo solo che reagisce alla sua solitudine. K è a suo modo un “eroe positivo”?

Evangelisti Con amici che hanno letto il libro a lungo abbiamo discusso su una domanda: K è un mostro? Secondo me no. È un personaggio che vive in un territorio di confine, segnato da un’esperienza negativa – anche se in nessuna parte del libro si dice che quella sia all’origine della sua scelta. Dire che è un eroe positivo è eccessivo, certo. Fra l’altro, fra i lettori, ci sono due interpretazioni: c’è chi vede nel suo esperimento il tentativo di proteggere il bambino, di salvarlo dall’esperienza del dolore; ma c’è chi invece rimane più colpito dal suo desiderio di manipolare, plasmare il bambino. Protezione da una parte, manipolazione dall’altro, sono entrambi concetti che nella società contemporanea hanno guadagnato grande importanza.

Piemontese Il figlio di Fidel – Un bambino tra revolucion e Disneyworld; Johnny Nuovo. Il ragazzo che non conosceva il mondo. Al centro di questi due tuoi lavori la storia travagliata di due bambini. Si tratta di una semplice casualità?

Evangelisti Il parallelo fra i due libri è corretto. La storia di Elian – raccontata ne Il figlio di Fidel – parla di un fatto di cronaca, del bambino cubano portato in Florida, sradicato dal suo ambiente, che si ritrovò all’improvviso sbalestrato, dai vicoli di una cittadina cubana all’opulenza, ai parchi di divertimento, all’attenzione dei media in Florida. Detto in modo banale: quanto l’ambiente in cui un bambino cresce segna la sua vita e la sua personalità? È una domanda che mi ha sempre affascinato.

Piemontese Nel romanzo avvengono due tradimenti, entrambi verranno puniti con l’omicidio. L’unico amore “puro” è quello di Beatrice che, pur di non ingannare K, decide di abbandonarlo. Questo ennesimo dolore ha delle ripercussioni violente che scateneranno l’evoluzione psichica di K. L’assenza d’amore e l’infedeltà sono il motore, la scintilla che accende la macchina narrativa: non c’è spazio per un amore sereno, quindi.

Evangelisti Il dolore, l’amore tradito o negato, sono esperienze forti che spesso segnano il corso della nostra esistenza. Penso che valga, con modalità diverse, per ognuno di noi. Temo che sia più frequente incontrare storie di traumi legati ai sentimenti che storie di amore serene e cristalline. Inoltre, fra le righe del libro ci sono anche sentimenti positivi: l’affetto della figlia di Beatrice per la madre, ad esempio; l’amicizia fedele del giornalista per il padre di K; un’altra storia di amore che matura nella parte finale del libro e che non raccontiamo per non rivelarne troppo la trama. Insomma, anche se in molti dicono che sono stato troppo cupo, nego con forza che sia un romanzo completamento negativo.

Piemontese Una tua breve riflessione sullo stato dell’editoria italiana, in riferimento alla tua esperienza di pubblicazione con CartaCanta.

Evangelisti Non sono un esperto del settore. Posso solo dire che dovremmo avere tutti più attenzione per le case editrici piccole e coraggiose che sanno scegliere bei libri – a parte il mio, ovviamente – come sta facendo Carta Canta. Lo dico senza piaggeria. In generale tante belle storie non finiscono all’attenzione del grande pubblico perché le grandi case editrici seguono alcune logiche, quelle piccole faticano ad emergere. Cambierà qualcosa con l’avvento degli e-book? Vedremo.

intervista a cura di Maria Grazia Piemontese per Libri Consigliati

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