sabato 21 marzo 2015

i corti che escono su move magazine 25/ Al centro commerciale

copia e incolla da move magazine

di Mauro Evangelisti

Al centro commerciale
Il vecchio mondo, quello che fino a sei mesi fa, prima del grande crollo, era la normalità, ora a Franco sembra un'ombra lontana. Se non ci fossero gli scaffali dell'ipermercato per metà ancora ricoperti di prodotti, se non ci fossero i marchi che avevano scandito la sua vita, ora sarebbe convinto che era stato tutto un sogno. La luce del sole entra dai finestroni e Franco passeggia nei corridoi di quello che un tempo era il punto di incontro di famiglie, ragazzi, anziani che non sapevano come trascorrere la giornata. E allora andavano al centro commerciale a cercare felicità sottovuoto. Vedere ancora la merce sugli scaffali lo rassicura, soprattutto gli alimentari in scatola che hanno date di scadenza molto lontane. Essersi rifugiato dentro il centro commerciale è stata la sua salvezza: fuori, lontano, bande di disperati si fronteggiano per accaparrarsi il cibo o semplicemente per sfogare la rabbia per tutto ciò che hanno perduto. Franco si è nascosto nel centro commerciale, ha chiuso le porte, pazientemente ha portato fuori tutti i prodotti deperibili che avrebbero reso l'aria irrespirabile. Esce ogni tanto, timoroso che qualcuno scopra il suo regno dove il vecchio mondo ha lasciato ancora un patrimonio di viveri che, per una sola persona, potrebbe durare diversi anni. Nel reparto di elettronica ha trovato anche un lettore dvd che funziona con le pile, così ogni tanto può guardare qualche vecchio film, alternandolo ai romanzi che preleva dalla libreria nel lato nord del centro commerciale.
Successe tutto all'improvviso, racconta Franco a un piccolo registratore a batterie, uno degli ultimi ancora in vendita perché era tra gli oggetti che stavano scomparendo. Vuole lasciare una testimonianza, ma soprattutto vincere la solitudine. La crisi, inizia scandire Franco, stava avanzando, perfida, in tutto il mondo, proprio mentre ci sentivamo invincibili, perché le macchine, i mezzi di comunicazione, internet, la possibilità di dialogare in tempo reale con chiunque in ogni parte del pianeta, ci faceva credere di vivere in un mondo magico. Ma, senza che ne capissimo i motivi, l'economia artificiale che avevamo costruito, fatta di convenzioni e numeri virtuali nei database, implose. La rabbia delle persone si sfogò contro politici e banche, ma questo accelerò la crisi, perché tracimò l'incertezza, e il cosmo che avevano costruito non poteva permettersi l'incertezza, era una ramificata convenzione, una sconfinata finzione globale che poteva reggere solo se tutti stavano al gioco. Un giorno in Europa e negli Stati Uniti ci furono assalti agli istituti di credito, i sistemi che regolavano i trasferimenti di valuta furono compromessi. Si sfaldò la fiducia nella moneta: banconote e carte di credito non rappresentarono più nulla. Si tornò al baratto, il denaro o i numeri che comparivano negli estratti conto persero significato. Non si potevano più pagare gli stipendi, i servizi pubblici si fermarono, polizia ed esercito si frantumarono, nessuno governava più le nazioni occidentali. Ma poiché era tutto collegato, poiché ogni economia si basava sull'altra, il terremoto colpì tutto il pianeta, che da sei mesi, ora, vive una diversificata anarchia, una diffusione vorticosa di povertà, perché nessuno produce più beni e servizi, e di violenza: è saltato ogni ordine. Non so cosa stia succedendo nel resto della mia nazione - prende fiato Franco prima di proseguire - non esistono più mezzi di comunicazione, non viene prodotta energia e dunque non ci sono più tv, radio e internet. So solo che i più violenti hanno formato delle bande che vanno alla caccia dei più deboli, li schiavizzano, violentano le donne. Io sono fortunato, perché nessuno ha avuto la mia idea: rifugiarsi in un centro commerciale. Qui potrò resistere alcuni anni, anche se non capisco il senso di una vita come questa. Franco spegne il registratore, si guarda intorno e decide di cambiarsi vestiti. Entra in un negozio di abiti firmati per ragazzi e si prende un nuovo modello di jeans a vita bassa e una t-shirt. Ha trentacinque anni e quando il vecchio mondo è crollato era un insegnante di inglese, senza una moglie, senza figli e senza una vita che lo soddisfacesse. Non è cambiato molto da allora, visto che il tempo libero lo trascorreva al centro commerciale. È un tipo pacifico, se una delle bande dovesse trovarlo non avrebbe scampo. Percepisce un rumore, qualcuno sta entrando. Il rifugio è stato scoperto. Ansima, sente dei passi. Aveva nascosto un’ascia in un trolley. La prende, non può restare nell’ombra per sempre. Meglio farla finita. Esce dal negozio, si ritrova nella galleria centrale, tenendo l'ascia con due mani. Sente gli intrusi camminare dietro l'angolo, corre verso di loro, urla, e solleva l'ascia pronto a colpire. Poi li vede: sono tre bambini denutriti, arrivati lì chissà come. Si ferma. Appena in tempo.

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