lunedì 2 marzo 2015

i corti che escono su move magazine 24/ cosa è giusto

copia e incolla da move magazine

di Mauro Evangelisti

Cosa è giusto


Irina segue con lo sguardo Francesco che corre sul campo da calcio, urla come qualsiasi altro bambino, anche se a undici anni, lo sa bene anche lei, bambino più non è. L'allenatore le ha spiegato che ha talento, è forte fisicamente, che per ora si diverte, ma chi lo sa, promette bene. A Irina non interessa, è già importante vederlo correre, urlare come qualsiasi altro bambino. Undici anni fa, quando decise di parlare a un poliziotto italiano dal viso tenace, non era così sicura che ce l'avrebbe fatta, che il bambino sarebbe nato, che l'organizzazione non l'avrebbe trovata e uccisa. Oggi a vedere la partita è venuta anche Sofia, la figlia di quel poliziotto che l'aiutò a uscire dalla prigionia del racket della prostituzione. Una delle ragioni per cui lui si batté tanto per salvare Irina, incinta e disperata, è che anche sua moglie era al secondo mese. Oggi Sofia e Francesco sono amici inseparabili e, anche se non l'ammette neppure con se stessa, Irina è perfino un po' gelosa di lei. Urla, tutti in tribuna si alzano in piedi e applaudono, il padre del portiere della squadra di Francesco, si volta e quasi la strattona: «Signora, ha visto che razza di gol ha fatto suo figlio? Da trenta metri, a undici anni...». Irina sorride, timida, anche dopo undici anni non si è abituata a complimenti e gentilezza, per troppo tempo la sua vita è stata sofferenza, umiliazione e botte. Poi un giorno è come se a Irina dessero un calcio allo stomaco simile a quelli che gli sferrava il capo dell'organizzazione. Mentre sta stirando le camicie dell'avvocato per il quale lavora, Francesco è apparso dal nulla, cupo come non era mai stato, l'ha fissata, e stringendo in pugni, le ha chiesto: «È vero? Perché non me l'avevi mai detto?». «Di cosa stai parlando?». Il ragazzino le ha allungato un foglio stampato dal computer, una mail inviata da un indirizzo che Irina non conosce. C'è scritto: «È giusto che tu lo sappia, tua madre prima che tu nascessi era una prostituta, anche se per garantire una vita migliore a te che stavi per nascere ha avuto il coraggio di denunciare i suoi sfruttatori. Dovresti essere fiero di lei». Non c'è nessuna firma. Irina trema, non trova la forza di reagire, va in camera a piangere anche se capisce che questa è la cosa sbagliata. Francesco non riesce ad essere fiero di lei, anche se sa che sarebbe la cosa giusta. «Perché mi hai sempre detto che mio padre era morto prima che tu venissi in Italia?» urla. Sono le ultime parole che pronuncia per una settimana. Non va più a giocare a pallone, a scuola gli insegnanti non lo riconoscono.Irina non comprende chi possa essere stato tanto crudele da inviare quella email a Francesco. Forse qualcuno dell'organizzazione ha voluto vendicarsi? O magari Tobia, il poliziotto, per un incomprensibile motivo, magari pensando di fare il meglio per il bambino? In realtà solo lui, in città conosce la verità. Irina lo chiama al telefono, gli dice che è stato un verme, che non ne aveva diritto. «Ma di cosa stai parlando Irina? Non capisco, davvero. Cerca di spiegarti». Irina interrompe la telefonata, si vergogna di avere dubitato di Tobia, l'uomo a cui deve la vita e quella di Francesco. Una settimana dopo Sofia va a trovare Francesco che quanto meno ora comunica a monosillabi con Irina. Il giorno prima le ha detto: «Comunque io ti vorrò sempre bene, tantissimo». E poi è arrossito e si è chiuso in camera. Irina pensa: sta soffrendo molto, troppo, non perdonerò mai chi gli ha causato tanto dolore.Sul tavolo della cucina c'è lo zaino di Sofia, Irina lo sposta, cade un libro, un romanzo, e si apre su una pagina piegata. C'è una frase evidenziata in azzurro e sottolineata anche a penna, come se Sofia avesse riflettuto a lungo su quella frase. Irina la legge: "Nella vita per essere felici è meglio conoscere tutta la verità? Ed è vera felicità quella che è costruita su alcune menzogne, su alcune notizie che qualcuno ci ha celato?". Capisce: non è stato Tobia a inviare quella email, ma Sofia. Non riesce ad odiarla.Il giorno dopo Francesco torna ad allenarsi, Irina si sente meglio. Suonano alla porta, lei apre distratta ed arriva un calcio allo stomaco, questa volta è vero. Distingue la testa pelata e il tatuaggio: un teschio. È lui, l'ha trovata. Vede il coltello, sa che sta per finire tutto. Chi penseIrà a Francesco? Poi sente il tonfo e un urlo, quasi contemporanei, vede Tobia che è entrato dalla porta lasciata socchiusa e ha colpito, appena in tempo, il tatuato. Le ha salvato di nuovo la vita. Mentre i colleghi portano via il tatuato, Tobia dice a Irina: «Ero venuto a chiederti spiegazioni, non avevo capito la telefonata che mi avevi fatto la settimana scorsa, ero preoccupato». Irina sorride, lo abbraccia, non era niente, gli risponde. Riflette: se Sofia non avesse inviato l'email a Francesco, lei non avrebbe fatto quella telefonata stupida a Tobia, Tobia non sarebbe venuto a chiederle spiegazioni e il tatuato l'avrebbe uccisa. Sofia, in fondo, le ha salvato la vita.

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