sabato 7 giugno 2014

i corti che escono su move 10/ il giorno della partita dei mondiali

copia e incolla da move magazine


di Mauro Evangelisti

Il giorno della partita dei mondiali
La stanza dell'ispettore della questura che li ha convocati è troppo piccola. E fa caldo. Manetti suda, mentre la signora di colore, con un vistoso abito rosso, ha gli occhi umidi. L'ispettore si tira indietro i capelli e riprende a parlare: «Allora, signor Manetti, è la terza denuncia che ci ha presentato per i rumori causati dai vostri vicini. Vedo che qui si gioca a pallone, nel cortile e perfino in balcone, anche quando lei deve dormire. Conferma signor Manetti?». «Confermo. Confermo. È da due anni che va avanti questa storia, io lavoro, faccio il commercialista, devo riposare ogni tanto, no?». «Lei signora come si giustifica? Sa, non so da voi, ma in Italia ci sono regole da rispettare». La signora tira su con il naso, forza se stessa per restare calma: «Lo so e io ho sempre rispettato la legge, lavoro, faccio la cuoca, può chiedere al mio titolare». «Cucina senegalese?» la interrompe l'ispettore. «Ma no, cucina italiana - quasi piange - comunque mio figlio ha dieci anni, a volte gioca, come i bambini di quella età. Però faremo più attenzione. E sto cercando un'altra casa, così il signor Manetti sarà contento». Manetti, rimasto in silenzio e infastidito dai modi dell'ispettore, ribatte: «Guardi, signora che non deve fare un favore a me, ovunque andrà ad abitare ci saranno regole da rispettare».
Il giorno dopo Manetti torna a casa dall'ufficio, con la gamba che come al solito gli fa male, e siede sul balcone a fumare il sigaro. Suo figlio, che abita a Londra, da una settimana non lo chiama. «Telefona più spesso alla madre, ma è lo stesso» riflette. Da dieci anni è divorziato e vive solo. Ormai è tardi per rifarsi una vita. Sul balcone vicino, quello dove abitano mamma e figlio senegalesi, c'è il bambino, Rudy, che lo guarda come in segno di sfida. Poi comincia a muoversi, come in una danza, calcia l'aria, mima i gesti e i movimenti di un calciatore. Senza pallone, in silenzio. Una sottile forma di protesta contro l'intolleranza di Manetti. «Va bene, ho capito, sei molto simpatico» lo applaude sarcastico Manetti. Rudy si ferma, lo fissa e gli risponde: «Non dovevi fare piangere mia mamma. Potevi dare una sberla a me, ma non far chiamare mia mamma dalla polizia». Manetti sente il colpo e chissà perché lo sguardo di Rudy si confonde con quello del figlio, quando era bambino, e di quello da grande, da impiegato nella city di Londra che non chiama quasi mai il padre. «Se proprio lo vuoi sapere - risponde Manetti - quando mio figlio era piccolo aveva delle regole e le rispettava». «Però non viene mai a trovarla». Ma che ne sai tu, nero del cazzo, vorrebbe rispondere Manetti. Ma poi si trattiene e si limita a dire: «Va bene, va bene, comunque tua madre ha detto che cambierete casa, non litigheremo più» e rientra in casa. Accende la tv nuova da 42 pollici che ha appena acquistato perché tra un po' cominciano i mondiali di calcio.
Oggi gioca l'Italia e Manetti sta rientrando a casa. Vuole prepararsi un piatto di spaghetti e stare tranquillo, vada come vada la partita. Ormai gli sono rimasti pochi, pochissimi piaceri nella vita. Mentre fa le scale, sente però in lontananza la voce dei vicini. «O no, ci risiamo» pensa. «Dai Rudy, vieni in casa. Domani la faccio aggiustare la tv». «Domani è tardi, l'Italia gioca adesso». Lo trova seduto sul pianerottolo, con la testa tra le gambe. Manetti lo guarda e infierisce: «Ma che ti interessa a te dell'Italia? Mica gioca il Senegal». Rudy, senza guardarlo, risponde: «Guarda che io sono nato in Italia e in Senegal non ci sono mai stato, se proprio lo vuoi sapere». Manetti entra nel suo appartamento, accende la tv, mette sul fuoco l'acqua a bollire e poi si vede, per caso, allo specchio. E osserva un signore di sessantacinque anni che si appresta a guardare la partita. Un bambino, la fuori, invece non la può vedere. «Merda». Esce, nemmeno rivolge la parola a Rudy e suona alla porta della vicina. Lei apre, lo squadra e sospira: «Che ho combinato stavolta? Guardi che Rudy ora lo faccio rientrare e comunque non sta facendo rumore». «Senta, lei sostiene di essere una brava cuoca, no? Facciamo un accordo. Non mi va di cucinare. Se lei prepara gli spaghetti, Rudy e io ci guardiamo la partita sul mio televisore nuovo». Lei è diffidente, Manetti le sorride per dire "per una volta facciamo una tregua". Quindici minuti dopo la vicina senegalese è nella cucina di Manetti a preparare penne spaghetti al ragù, Manetti si sente un re sul divano ed è contento perché ha già capito che Rudy di calcio ne capisce e quindi avrà qualcuno con cui commentare seriamente la partita. E dalla cucina sta arrivando un buon profumo. Poi Rudy si alza in piedi, c'è l'inno dell'Italia, lui lo canta. Stanno cominciando i mondiali.

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