giovedì 24 aprile 2014

i corti che escono su move 7/ la filastrocca

copia e incolla da move magazine 

di Mauro Evangelisti

La filastrocca
Quando la rivoluzione si trasformò in privilegi, violenza e persecuzione Ana decise che doveva andarsene dal paese. Non ne parlò con Antonio, il suo uomo e il padre dei suoi figli: capì che non l’avrebbe seguita. Anzi, l'avrebbe denunciata. Avevano creduto nel cambiamento e forse lo amava ancora, ma Ana organizzò la fuga. L'amico dell'ambasciata di un paese straniero le disse che stava per andarsene, che tutti i diplomatici lasciavano il paese: se voleva, poteva partire con lui. Fu allora che decise di portare con sé Julia, che aveva solo cinque anni. Avrebbe lasciato con il padre Mathias, cinque anni di più. Fu una decisione dolorosa, per Ana fu come tagliarsi un braccio. Ma non ebbe scelta. L'amico dell'ambasciata le disse che sull'elicottero c'era soltanto un posto. Però non fu l'unica ragione: inconsciamente, trovò ingiusto privare il suo uomo di entrambi i figli e Mathias era molto legato al padre. Alla sera, prima della fuga, strinse forte Mathias. «Che c'è mamma?». «Nulla, non ti preoccupare. Dormi».
Julia oggi ha 28 anni e sta dormendo su un Airbus 330. «Viaggia per vacanza o per lavoro?» le ha chiesto un ragazzo all'imbarco. «In vacanza» ha mentito. Non le andava di raccontare che torna per la prima volta nel paese in cui è nata, che una settimana fa è stata al funerale della madre, che deve cercare Mathias, suo fratello, che non ha mai risposto alle sue lettere e a quelle di Ana. Vuole dirgli che sua madre è morta e che l'ultimo pensiero, come il primo di ogni mattino, è stato per lui. Per lei Mathias è poco più del ricordo di un sorriso e di una filastrocca che cantavano insieme. Loro padre morì due anni dopo la fuga di Ana. Fu fucilato dal regime che lo giudicò un traditore. Mathias è cresciuto con lo zio, fedele al regime.
Quando esce dall'aeroporto Julia si mescola ai turisti. Si fa portare da un tassista nel centro della capitale. Lungo la strada riconosce una casa, cadente, vicino alla quale quattro vecchi stanno giocando a domino. Lì è nata. Domanda ai vecchi se conoscono Mathias, loro si guardano in faccia, sorpresi e spaventati: «Non abita più qui, di sicuro lo trovi al partito. Ma non lasciano entrare i turisti». Al mattino, nella piscina dell'hotel, fa amicizia con il barista, gli allunga cento dollari e si fa raccontare la storia di Mathias. «Lo conoscono tutti. È l'uomo nuovo del regime. Uno pericoloso, matto. Mio cugino conosce la segretaria. Se vuoi posso darle un biglietto». Julia mette in una busta la foto della madre distribuita al funerale. Vi scrive: «Rose rosse, rosse gialle, i bambini della valle...». È l'inizio della filastrocca che cantavano da bambini.
Tre mesi dopo Julia è su una jeep, con il fratello che indossa la divisa militare. Una settimana dopo l'invio del biglietto, in hotel si erano presentati dieci soldati. L'avevano bendata e portata in una caserma. Un uomo dalle spalle larghe e i capelli lunghi le aveva tolto la benda. «Sono Mathias». Le aveva stretto la mano. Nessun abbraccio. «Nostra madre è morta, un tumore. Perché non hai mai risposto alle sue lettere?». Lui aveva alzato le spalle, preso una bottiglia di rum e versato da bere. «Non avevo nulla da dirle». Si era sentita l'esplosione. Spari. Urla. Mathias aveva guardato negli occhi Julia: «Abbiamo cominciato, non ti preoccupare. Le cose stanno cambiando, qui, qualcuno si farà male». In poche ora era tutto finito, quelli che avevano controllato il regime per 25 anni erano stati uccisi o arrestati. Avevano preso il potere i quarantenni. C'era un nuovo comandante: Mathias. Julia era stata ospitata nella sede presidenziale, quasi prigioniera. Vedeva il fratello impartire ordini, parlare in tv («la rivoluzione continua»). Rappresaglie, fucilazioni. «Falli smettere» aveva chiesto al fratello. «È necessario» le aveva risposto, addentando una bistecca. Lei era in piedi, lui aveva bevuto un bicchiere di vino rosso, si era pulito il viso e poi, quasi a freddo, le aveva chiesto: «Perché? Perché nostra madre mi ha lasciato qui? Perché non ha portato anche me?». Julia avrebbe voluto spiegare le ragioni di Ana, ma sapeva che sarebbe stato inutile, si era voltata ed era tornata nella sua stanza. Ora sono sulla jeep, Julia ha chiesto di seguirlo per chiedergli di lasciarla partire. «Non c'è problema, non sei prigioniera». È le accarezza il volto, primo gesto di tenerezza da quando si sono rivisti. «Se la mamma avesse portato anche me, ora sarei un impiegato grasso e scontento. Meglio così». La scorta frena, spari. Un agguato. Restano a terra quattro donne e quattro uomini, solo un soldato è ferito. Dietro un muro, tremanti, due bambini, un maschio e una femmina. I soldati stanno per sparare, «no» urla Julia. «Fermi» acconsente Mathias. Per una settimana i due bambini restano nell'appartamento con Mathias e Julia. La bimba si chiama Lucia, ha 5 anni, il maschio, Fernando, ne ha 8. Tra una settimana Julia partirà. «Ti prego, Mathias, procura loro dei documenti falsi, lasciali venire con me. Qui non hanno nessuno». Mathias scruta i bambini lontani: «No, portati via solo Lucia. Fernando resta qui con me».

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