mercoledì 12 marzo 2014

i corti che escono su move 4/ l'invidia e l'amicizia

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di Mauro Evangelisti



L'invidia e l'amicizia

Oggi ho ritrovato il diario di mio padre. A trent'anni dalla morte. Parla molto della sua musica e delle sue delusioni. Ho pensato che sarebbe stato bello usarlo per scrivere un libro sulla sua vita. Ma dopo aver letto il diario ho compreso che sbagliavo. Ci sono due vite che corrono parallele, nel diario: quella di mio padre e quella di Loreno Bosotti. Oggi nessuno lo ricorda, a parte pochi esperti di musica. Eppure Bosotti fu uno dei musicisti più popolari in Italia, riempiva i teatri e sembrava dovesse segnare per sempre la storia della musica. Poi, però, dopo la morte, avvenuta pochi mesi prima di quella di mio padre, le sue canzoni furono dimenticate, se ne comprese la futilità e l'inutilità. Bosotti questo non lo seppe, perché quando morì era ancora riscaldato dai raggi di sole della gloria. Mio padre era cresciuto con Loreno Bosotti, avevano studiato musica insieme, lavorato nello stesso ristorante da giovani, diviso l'appartamento. Erano amici, fratelli. Poi qualcosa cambiò: nessuno amava la musica di mio padre, le case discografiche rifiutavano le sue canzoni; Bosotti al contrario riuscì a pubblicare un disco e, complice il sorriso che piaceva alle signore del tempo, scalò con rapidità le montagne del successo. L'amicizia si sfaldò. «Non riesco a comprendere come sia possibile che la musica di Loreno abbia successo: è banale, copiata, senza estro. La mia è genio, creatività, tecnica. Eppure non la vuole nessuno». Ecco leggendo queste righe del diario si può pensare che mio padre, che continuò a lavorare come cameriere, fosse invidioso, perché vedeva l'amico raggiungere un risultato straordinario a cui lui stesso aspirava; che facesse prevalere il rancore sull'amicizia.  Non è così: mio padre realmente era convinto che la musica di Bosotti non fosse arte, fosse poco più che spazzatura e non riusciva a spiegarsi come raccogliesse un tale successo a fronte del fallimento delle sue composizioni, che considerava assai migliori. Bosotti però soffrì per l'allontanamento di mio padre. Non so se fu perché realmente lo considerasse un bravo musicista o semplicemente perché voleva riconquistarne l'amicizia, ma lo aiutò a pubblicare il primo disco, minacciando la casa discografica di rompere il contratto se non avesse dato una possibilità all'amico. Ma quel gesto di generosità aumentò le distanze, perché la constatazione che il disco non piaceva al pubblico, che nessuno lo comprava e che veniva deriso dai critici, rese mio padre ancora più frustrato e astioso nei confronti di Bosotti. Seguirono altre uscite, che la casa discografica concesse perché temeva le ritorsioni di Bosotti, che intanto divenne una stella internazionale, con teatri pieni a Parigi, Londra, New York, Buenos Aires. Mio padre con i dischi non guadagnò mai a sufficienza per lasciare il lavoro di cameriere. Forse mia madre e io fummo la sua unica felicità, mentre sui giornali vedeva le foto di Bosotti con le attrici più belle del mondo, tre matrimoni e sei figli sparsi per il mondo. Un giorno - questo non lo sa nessuno, ma l'ho letto sul diario -  mio padre chiese un appuntamento a Bosotti. Malgrado le insistenze di Loreno, mio padre aveva sempre rifiutato, per molti anni, di incontrarlo. Bosotti fu dunque stupito da quella richiesta. Lo accolse in un piccolo appartamento in città, non voleva umiliarlo incontrandolo nella sua villa hollywoodiana in campagna. «Volevo dirti che ho un brutto male - spiegò mio padre - anche questa volta vincerai tu, avrai una lunga vita, con i tuoi figli e i tuoi nipoti, mentre io lascerò soli mia moglie e mio figlio». «Ma io ti voglio bene, ti ho sempre considerato il mio migliore amico. E un grande musicista. Non mi sono mai sentito in competizione con te». Mio padre non rispose e se ne andò. Il destino fu strano: due mesi dopo, Bosotti morì per un infarto, mio padre, sia pure già piegato dalla malattia, andò ai funerali, tra centinaia di migliaia di persone. Dopo due mesi morì anche lui, non seppe mai che Bosotti aveva disposto che mi fosse versato un generoso vitalizio per gli studi. Tre anni dopo un regista scelse una vecchia canzone di mio padre per la scena più importante di un grande film. Quel brano ottenne così una popolarità straordinaria. La casa discografica ripubblicò tutti i dischi di mio padre, che anno dopo anno, ebbero una diffusione inattesa. I critici dissero che papà era uno dei più formidabili compositori del secolo, le sue canzoni divennero un classico nella storia della musica e tutt'oggi sono considerate dei capolavori. La musica di Bosotti è stata dimenticata. Ma questo mio padre non lo saprà mai. 

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