lunedì 28 ottobre 2013

il cellulare incastrato nel casco: il viva voce della frenesia romana

copia e incolla da da ilmessaggero.it

di Mauro Evangelisti


Mi può attendere un attimo? Metto il cellulare sotto il casco così continuiamo a parlare mentre guido lo scooter spiega un tizio alla signorina del call center della compagnia telefonica, prima di mettere in moto: benvenuti nella giungla, ogni secondo è prezioso. Semaforo, Muro Torto, uno scooterone scalpita e chi lo guida, probabilmente un giovane avvocato, completo scuro e scarpe lucide, mentre aspetta il verde gesticola e dice ad alta voce: «Guardi, intanto mi invii tutto via fax». Impazzito? No, se osservi bene, sotto il casco spunta un monolite nero.

Lungotevere: singhiozza tra i pertugi delle code una moto di grossa cilindrata; il pilota, tuta nera, casco da film di fantascienza in prima visione al lunedì su Sky Cinema 1 sembra in missione per la Cia. Mentre prende le misure per passare tra una Matiz e un Berlingo esclama: «No, amò, domenica c'è la Roma». Anche lui, come sbagliarsi, tiene i contatti con amò, che sarebbe la fidanzata.

Se servisse un'altra immagine simbolo della inquieta frenesia quotidiana di chi vive e si sposta a Roma, ecco, quella del telefonino incastrato nel casco per parlare mentre si va in moto non va sottovalutata. Certo, lo fanno anche in altre città, certo, si fa pure in macchina (con l'auricolare, si spera), certo gli schermoni sempre più oni degli smartphone-phablet hanno complicato l'operazione: però il telefonino incastrato tra casco e guancia è così frequente solo a Roma. Altro che vacanze romane e acquerelli di spensierati viaggi in Vespa.

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